ROMA – Il sottosegretario Vittorio Sgarbi ricorda l’uomo politico e l’amico, un trascorso fatto di viaggi insieme e inaugurazioni culturali.
«Non doveva morire. È stato il garante della democrazia in Italia in un momento difficile, in cui l’azione giudiziaria di stava configurando come una dittatura che ha cancellato letteralmente i partiti.
Tra il ’92 e il ’93 i partiti, non i colpevoli di reati, sono stati incriminati, e sono spariti. La magistratura ha stretto un patto con la sinistra che l’ha rappresentata. Berlusconi ha fatto la resistenza. Grazie a lui dalla Repubblica dei partiti si è evitata la dittatura, stabilendo il bipolarismo sul quale oggi si è stabilizzata la nostra democrazia. Non gli è stato perdonato. Ed è iniziata subito una aggressione giudiziaria senza precedenti e senza fondamento.
Le inchieste contro di lui erano tutte inchieste politiche fino a quella infame e subdola che ha investito il suo privato per screditarlo politicamente. Un’azione intollerabile che il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto denunciare e fermare. Un’azione così scandalosa che dura anche oltre la sua morte, anche se Berlusconi è morto innocente. Ma sempre sotto inchiesta. Intollerabile. Dopo il caso Tortora lo scandalo più grande di un potere giudiziario che si fa potere politico. Il ricordo è quello di un amico che ha fatto cose giuste ed è stato trattato come uno che chissà quali delitti ha commesso.
Era un uomo forte, libero e innocente. Agiva in nome della vitalità e dello slancio. Hanno cercato senza riuscirci di abbatterlo – quindi era un vittorioso. Per questo non potevo che essergli vicino”.