Il primo cittadino ha scritto una lettera farcita di imprecisioni e falsità che i suoi concittadini non meritano e che possiamo riassumere in un solo concetto: se mio nonno non era morto era ancora vivo
ARLENA DI CASTRO – Nella giornata di ieri, il sindaco della ex ridente cittadina dell’Alto Lazio, Publio Cascianelli, ci ha deliziato di una sua personalissima interpretazione e lezione su quanto ha fatto e quanto rimane da fare per dotare il suo comune di una discarica.
Publio Cascianelli nell’Alto Lazio era affettuosamente soprannominato “tippe toppe” perché, con la sua squadra di operai in servizio per la Provincia di Viterbo, tappava le buche e sistemava le cunette sulle strade provinciali.
Le buche, per deformazione professionale, devono essere tappate. Una vita da impiegato che però non gli ha impedito di diventare famoso e ricco. Basta vedere la villa per capire lo sfarzo in cui vive. Detto questo e beato lui di così tanta ricchezza in quella lettera, inviata ad una sola redazione compiacente, ha dispensato giudizi sulla bontà dei rifiuti e delle delibere dimostrando un’ignoranza nel settore da far impallidire Lucignolo.
Non vogliamo sezionare quella lettera scritta dal sindaco (modello “Miami Vice”) e commentarla perché non ne vale la pena. La possiamo riassume con un concetto molto più semplice ma efficace: se mio nonno non era morto era ancora vivo.
Cascianelli, essendo profondamente ignorante in materia, non ha colto una delle tante incongruità del progetto e cioè quella sul ciclo dei rifiuti.
Il ciclo dei rifiuti può essere suddiviso in tre fasi principali: la raccolta e il trasporto, il trattamento e lo smaltimento finale. Vediamo ora nello specifico come funziona ogni singola fase.
Il CSS è un materiale combustibile ottenuto dalla frazione secca non riciclabile di rifiuti urbani e speciali non pericolosi (plastica, carta, fibre tessili), che viene biostabilizzata, ridotta e trasformata in Combustibile Solido Secondario (CSS, appunto), utilizzato per alimentare centrali elettriche, termovalorizzatori e cementifici.
Di questo rifiuto non c’è traccia nell’impianto di Arlena di Castro ma il sindaco lo ignora e si lancia in una lezione di chimica facendo credere a chi legge quella lettera farcita di inesattezze della bontà del rifiuto che sarà interrato nella ex cava e cioè la frazione secca non riciclabile
FRAZIONE SECCA NON RICICLABILE (RSU)
È la parte dei rifiuti che produce il maggiore impatto ambientale rispetto agli altri: non viene immessa in nessuno dei circuiti di riciclo e quindi viene smaltita negli impianti (con pre-trattamento imposto dalle norme europee e nazionali) o nei termovalorizzatori.
La parola d’ordine riguardo a questo materiale è ridurre quanto più è possibile, innanzitutto cercando di recuperare parti del materiale compatibile con la raccolta differenziata, provando a riutilizzare contenitori e oggetti che possono essere destinati a qualche altra funzione o che possono essere utili ad altre persone, ed evitando in partenza sprechi inutili (uso indiscriminato di bicchieri e piatti di plastica, ecc.).
La maggior parte di questo prodotto ad elevato impatto ambientale viene immesso in discarica e, su quest’ultimo argomento, vogliamo ricordare a questo sindaco inadeguato, ma anche al resto dei suoi colleghi che tacciono, come ad esempio il presidente della Commissione Ambiente alla Camera dei Deputati Mauro Rotelli e al suo vice Francesco Battistoni e al presidente della Commissione Ambiente al Senato Claudio Fazzone, qual è la situazione della provincia di Viterbo.
Il Lazio, regione è composta da cinque province: Roma (4.353.738 abitanti), Latina (565mila abitanti), Frosinone (466mila abitanti), Rieti (155mila abitanti) e Viterbo (307mila abitanti). Il 58% della produzione globale dei rifiuti laziali viene prodotta da Roma capitale. Il restante 42% è diviso sulle ulteriori quattro province.
Cinque province ma, ad oggi, una sola è dotata di proprie discariche attive e cioè Viterbo che, rispetto alla sua produzione quotidiana di rifiuti, ha disponibilità di volumetria pari a 11 volte le sue necessità.
Questo significa che la provincia di Viterbo, sulla carta, non avrebbe necessità di discariche per i prossimi 100 anni.
Invece deve fare da pattumiera per tutte le altre province (compresa quella di Roma) e quelle volumetrie non avranno un secolo di vita ma qualche anno.
In attesa di un nuovo piano rifiuti. Di una parola pronunciata anche per sbaglio da parte dei silenti deputati e senatori del territorio, non rimane che una strada: lottare.