Ciro Di Maio è entrato in carcere a Brescia per un corso. A breve la consegna dei diplomi, in quell’occasione proporrà la pizza con provola di Caserta, porchetta del Lazio e melanzane “casalinghe”
BRESCIA – Ciro Di Maio, nato nel 1990 a Frattamaggiore, in provincia di Napoli, è un giovane pizzaiolo. Nel 2015 ha deciso di cercare nuove opportunità trasferendosi in Lombardia. Così è cominciata l’avventura di “San Ciro”, la sua pizzeria a Brescia. Il nome del locale è un omaggio ai nonni di Ciro, sia dal lato materno che paterno, figure fondamentali nella sua vita. Suo padre, in particolare, ha dedicato il suo tempo al volontariato e all’aiuto dei giovani tossicodipendenti, collaborando con una comunità per offrire loro una possibilità di uscire dalla droga e ricostruire una vita migliore.
Ciro si considera oggi un privilegiato e ha deciso di offrire ai meno fortunati la possibilità di trovare lavoro. Nei primi mesi dell’anno, infatti, Ciro ha insegnato l’arte della pizza ai detenuti del carcere Canton Mombello di Brescia, grazie a un progetto sviluppato in collaborazione con Luisa Ravagnani, garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Brescia, e sostenuto dalla direttrice del carcere, Francesca Paola Lucrezi.
Per alcuni mesi, il pizzaiolo è stato in carcere due volte a settimana, conducendo lezioni teoriche e pratiche sulla preparazione della pizza. Dall’importanza del sale alla temperatura dei forni, passando per i segreti dell’impasto e del pomodoro. Sette detenuti, accusati di reati minori e quindi destinati a scontare un breve periodo di detenzione, hanno partecipato alle lezioni, quaranta ore di un corso professionale.
La giusta conclusione sarà un evento che si terrà dopo l’estate e nel quale Ciro presenterà la pizza che ha pensato come “regalo” agli (ex) detenuti.
“Presenterò ufficialmente “San Ciro”, una pizza che rappresenta per me l’unione tra Nord e Sud d’Italia, tra la mia vecchia vita e quella nuova, e per un certo verso anche una sintesi tra errori che portano in carcere e l’impegno che poi genera una nuova vita – dice Ciro. – Sarà una pizza semplice, fatta con le orecchie come piace a me: la pizza va fatta a mano e non può essere rotonda, i pomodori devono essere a pezzettoni. Mi piace tirare le orecchie alle pizze, ognuna ha il suo carattere e deve mostrarlo, odio le pizze perfettamente rotonde e se c’è più pomodoro da una parte rispetto ad un’altra è perché usiamo pomodori veri. Questa avrà tre prodotti che uniscono l’Italia: la provola affumicata di Caserta, la porchetta di Ariccia Igp del Lazio e delle melanzane messe sott’olio. Quest’ultimo ingrediente è quello che rappresenta per me la casa, sono infatti preparate tutte a mano da mia mamma, mi piace però condividerle con tutti“.
L’appello del pizzaiolo ai suoi colleghi: “Vorrei fondare un’associazione di persone disposte ad aiutare gli ex detenuti a reinserirsi professionalmente. In un periodo in cui mancano lavoratori, questo è un modello positivo per tutti”.