Nella gara a colpire Rocca e De Angelis si unisce anche D’Amato, che dimentica di essere stato condannato dalla Corte dei Conti a restituire 275mila euro di fondi pubblici che avrebbe indebitamente usato tra il 2005 e il 2008 a fini politici. Nessuno ne parla
ROMA – I moralizzatori di sinistra hanno la memoria corta. Nelle polemiche d’agosto che hanno coinvolto il responsabile della comunicazione istituzionale della presidenza della regione Lazio, nate più per riempire le pagine dei giornali, i rappresentanti del centrosinistra dimenticano chi hanno sostenuto alle elezioni regionali per la conquista della poltrona che fu di Nicola Zingaretti.
Lo smemorato Alessio D’Amato che oggi, insieme ai suoi “compagni” di coalizione, attacca il Presidente Rocca per l’incarico che ricopre Marcello De Angelis.
D’Amato dimentica di dover restituire all’Ente che lui si onora di rappresentare, ben 275mila euro di fondi pubblici, che avrebbe indebitamente usato tra il 2005 e il 2008 a fini politici.
D’Amato, infatti, aveva ricevuto 275mila euro di fondi regionali per la Fondazione Italia Amazzonia Onlus, di cui era presidente, ma quei soldi sarebbero stati usati non per l’associazione, ma a fini politici.
Secondo la Corte dei Conti, che lo ha condannato, il denaro che sarebbe dovuto andare nelle casse della onlus per l’Amazzonia sarebbe stato dirottato verso l’associazione Rosso Verde, che promuoveva D’Amato come consigliere regionale.
Secondo i giudici, i fondi sarebbero stati “utilizzati indebitamente per finanziare l’attività politica della associazione Rosso-verde e del gruppo consiliare Ambiente e Lavoro, riconducibile a D’Amato”. Insieme all’assessore sono stati condannati anche due collaboratori (tra cui il fido Egidio Schiavetti, poi diventato suo capo della segreteria nell’assessorato alla sanità).
Sul fronte penale, invece, il processo, buon per lui, è stato prescritto. Per quanto riguarda il procedimento davanti la Corte dei Conti, invece, la richiesta di patteggiamento avanzata da Piazza era stata respinta, e il rito si è celebrato in via ordinaria.
Nel caldo agosto romano, dall’opposizione è scattata la caccia a De Angelis, uno che dalle casse della regione non ha mai sfilato un centesimo in modo illegale.
Ma nessuno parla dell’Amazzonia e dei 275mila euro (dei cittadini) finiti nell’associazione di D’Amato.
In questi ultimi giorni, nel “lanciare pietre” contro De Angelis, dopo la “sfilata” dei “compagni”, è arrivato anche il contribuito dello stesso D’Amato con una dichiarazione choc.
Una dichiarazione che mette in dubbio l’onore della regione (addirittura!): “De Angelis non mostra alcun pentimento ed è grave che il presidente Rocca non intervenga. Deve lasciare l’incarico per il disonore che reca all’istituzione regionale. In caso contrario l’opposizione dovrebbe fare un gesto eclatante e sospendere la presenza in Ufficio di Presidenza fin quando non ci siano le condizioni per una corretta dialettica nel rispetto delle istituzioni“.
Siamo all’assurdo. D’Amato, dopo aver utilizzato per fini personali 275mila euro della regione, dichiara che De Angelis reca disonore all’istituzione regionale.
L’unico disonore che può conoscere un’istituzione è quello dell’illecito utilizzo delle risorse pubbliche che, giova ricordarlo, sono soldi dei cittadini. Se c’è qualcuno che ha saccheggiato le casse della regione quella persona non è certo De Angelis.
E’ passato un anno dalla sentenza della Corte dei Conti ma ad oggi, ancora, non ci risulta che la regione si sia mossa per recuperare i 275 mila euro.
La stessa Corte dei Conti aveva espresso, inoltre, perplessità sulla regione per non aver agito nei confronti di Alessio D’Amato e del suo ex capo segreteria Egidio Schiavetti, per aver recuperato i soldi da loro spesi in modo illegittimo. Fosse stato qualsiasi altro politico di centrodestra gli avrebbero già battuto la casa all’asta, pignorato gli stipendi ed esposti al pubblico ludibrio.
Nella sua dichiarazione, poi, D’Amato invita l’opposizione a sospendere la presenza nell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale. Forse perché nell’UDP non siede lui ma Daniele Leodori… Un modo come un altro per colpire a destra e manca, l’importante è che nessuno gli chieda indietro il gruzzoletto distratto dalle esigenze dell’Amazzonia.
Per dovere di cronaca il “moralizzatore” D’Amato si dimentica di ricordare a tutti noi che non ha rinunciato alla prescrizione nel procedimento penale che riguarda la stessa vicenda.
Non solo D’Amato ha ritenuto “ingiusta ed ingiustificata” la sentenza, facendo poi ricorso in Appello. Tuttavia basterebbe leggere la sentenza per scoprire che i giudici hanno vagliato – come doveroso – le obiezioni proposte dalla difesa di D’Amato, ma le hanno giudicate irricevibili. Sia per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione che avrebbe fatto chiudere, come nel caso penale, in un nulla di fatto il procedimento contabile, sia quello che è stato il il tentativo della difesa di depositare pezze d’appoggio per le spese sostenute: “documentazioni giustificative alterate”, come le definiscono i giudici Tommaso Miele, Massimo Balestieri, Giovanni Guida, che scrivono di “un preordinato sistema decettivo con finalità distrattive“.