La droga veniva portata ad Anzio e Nettuno per alimentare le piazze di spaccio romane
ROMA – Dalle prime luci dell’alba i carabinieri del comando provinciale di Roma, con il supporto di quelli di Reggio Calabria, stanno dando esecuzione a un’ordinanza che dispone misure cautelari personali, emessa dal gip del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma, nei confronti di 12 persone, italiane e albanesi, gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e spaccio.
L’attività di indagine, trae origine da alcune risultanze investigative provenienti dalla più ampia indagine denominata “Tritone”, condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma e che, nel febbraio 2022, aveva smantellato una radicata locale di ‘ndrangheta nei comuni di Anzio e Nettuno, dedita non solo al traffico di sostanze stupefacenti ma anche al condizionamento della vita politica locale e al controllo delle attività economiche e degli affidamenti degli appalti locali.
Una “locale” quindi autonoma e con poteri di autodeterminazione rispetto alle ‘ndrine e al controllo delle famiglie in Calabria. All’epoca furono 65 le persone arrestate. A foraggiare le attività e a favorire l’infiltrazione illegale nel tessuto economico e sociale delle cittadine costiere, erano anche i proventi del narcotraffico, cuore e motore dell’organizzazione.
La droga arrivava dal Sud America, direttamente trattata dai calabresi, gli unici ad avere contatti privilegiati e solidi con i cartelli colombiani. A fare da gancio tra la Calabria e il gruppo italo-albanese di stanza ai Castelli sarebbe stato Vincenzo Italiano, già a processo per l’inchiesta Tritone in contatto con “il biondo”, uno dei due referenti in Calabria.