Accusati di non avere controllato i materiali in ingresso. Distinguo tra ruolo politico e quello del controllo reale
CASSINO – I giudici del Tribunale di Cassino hanno assolto con formula piena gli ex presidenti ed il direttore della Saf, la società pubblica per lo smaltimento dei rifiuti urbani composta dai 91 Comuni ciociari e dall’ente Provincia di Frosinone.
Non ci furono irregolarità nella gestione dei materiali ed il loro comportamento rispondeva in pieno alle norme italiane ed europee in materia: per questo i giudici hanno deciso per l’assoluzione dei presidenti Mauro Vicano e Cesare Fardelli e del direttore Roberto Suppressa “perché il fatto non costituisce reato”.
Le indagini ipotizzavano irregolarità nei controlli sulle immondizie in ingresso. I tre dirigenti dell’azienda pubblica, attraverso gli avvocati Domenico Marzi, Sandro Salera e Paolo Marandola, hanno fatto notare che le procedure di controllo seguite dalla Saf sono esattamente le stesse seguite in tutti gli impianti italiani. E che fino al 2020 la stessa giurisprudenza non era univoca.
L’accusa sosteneva che i rifiuti certificati dalle analisi al momento della partenza andassero sottoposti a nuove controlli anche all’ingresso nell’impianto pubblico di smaltimento che si trova a Colfelice. Ma trattandosi di materiali già certificati – ha evidenziato la difesa – le procedure standard prevedono sì nuovi controlli ma a campione. Che venivano fatti. Per l’accusa, la norma poteva essere interpretata in maniera più restrittiva. Tesi respinta dal tribunale. Che ha assolto i tre imputati.
I reati contestati andavano dal traffico illecito di rifiuti, alla truffa aggravata alla frode in pubbliche forniture, alla violazione delle prescrizioni delle autorizzazioni integrate ambientali. In pratica, secondo l’accusa, la Saf avrebbe classificato alcuni rifiuti pericolosi in «non pericolosi» risparmiando, in questo modo, sui costi di smaltimento. Ebbene, al termine della sua requisitoria il pm Gualtieri, della Dda di Roma (intervenuta per competenza funzionale rispetto al reato contestato) aveva chiesto 4 anni di reclusione per il direttore tecnico Roberto Suppressa e 3 anni di reclusione per gli ex presidenti della Saf Mauro Vicano e Cesare Fardelli. La Dda, a seguito delle indagini condotte dai carabinieri forestali del Nipaf di Frosinone e dell’Arpa Lazio, aveva contestato il reato di traffico illecito di rifiuti relativamente agli anni 2016 e 2017. La Saf, per l’accusa, avrebbe pertanto avuto un ingiusto guadagno di 1 milione e 800 mila euro derivante proprio dall’errata classificazione dei rifiuti.