Parla l’oncologo Angelo Di Giorgio, intervistato da Repubblica in merito al Deposito nazionale di rifiuti nucleari
VITERBO – “La provincia di Viterbo, quanto a incidenza di tumori è la prima del centro Italia e l’undicesima a livello nazionale”, a dichiararlo è l’oncologo Angelo Di Giorgio, Ordinario di chirurgia generale e oncologia all’università La Sapienza a Repubblica.
La recente intervista al massimo esperto di oncologia torna a far discutere sul Deposito nazionale di scorie nucleari che potrebbe sorgere nella Tuscia e per il quale la provincia viterbese si è data appuntamento questa domenica per una nuova manifestazione di protesta.
Con 21 siti idonei, il Viterbese resta infatti tra i territori più papabili per l’arrivo dell’imponente struttura di stoccaggio per rifiuti nucleari, in barba a tutte le proteste, ai ricorsi e alle lamentele sporte da tutti i Comuni interessati. Lo ricorda lo stesso dottor Di Giorgio, puntando il dito, neanche velatamente, sulla società che si sta occupando del progetto: “Sogin nonostante gli incontri, i seminari, le obiezioni tecniche, e anche i ricorsi, non ha ascoltato nessuno“.
Come il professore ricorda nell’intervista a Repubblica, la provincia di Viterbo è tra le più alte, in tutta Italia, per l’incidenza di tumori, nonostante sia considerata da tutti un gioiello naturalistico.
“Le ragioni di questa così alta incidenza di tumori – spiega l’oncologo – sono l’inquinamento ambientale da radon, una sostanza radioattiva, che chiamano anche il gas killer, che si trova nell’ambiente: i livelli europei e italiani sono sotto i 50 Bq/m3, a Viterbo si arriva a picchi di 300 Bq/m3. Un’altra motivazione è rappresentata dall’inquinamento da arsenico: in Italia il tetto massimo sono 10 microgrammi litro, tutti valori superati in provincia di Viterbo”.
A incidere sull’esagerata proliferazione del cancro tra la popolazione viterbese, anche l’utilizzo dei fitofarmaci. “Sostanze utilizzate in agricoltura considerate altamente cancerogene – ricorda il professore de La Sapienza – Qui ci sono agricoltori in numero di 119 ogni 1.000 abitanti, il numero più alto d’Italia. Di questi il 30 per cento vive direttamente nei campi. Dunque se a tutti questi rischi si aggiungesse anche quello della radioattività, la situazione di rischio oncologico diventerebbe insostenibile”.
La riflessione giunge poche ore prima del 24 febbraio, giorno in cui il Tar si pronuncerà finalmente sui ricorsi presentati dai Comuni giudicati idonei. La speranza, tuttavia, sembra rimanere appesa alla possibilità data dalle autocandidature, con alcuni Comuni che sembrerebbero da tempo interessati a ospitare il Deposito nazionale di scorie nucleari.