VITERBO – In 12 anni gli iscritti all’Università della Tuscia sono crollati del 12,4%. E’ quanto emerge da un’elaborazione dell’ateneo di Bergamo sulla base dei dati del ministero dell’Università e della ricerca, che ha fotografato anche la copertura del turnover dei docenti, con il risultato che a livello generale un’assunzione su 4 resta solo sulla carta.
L’ateneo viterbese dal 2010 al 2022 ha deciso di risparmiare e questo ha influito molto sui corsi di studio, è infatti tra quelle università che ha adottato dal 2010 al 2022, il periodo preso in considerazione, politiche di contenimento della spesa. A fronte di una riduzione media degli iscritti a livello nazionale del 2,8%. la Tuscia supera come detto il 12%. L’Università di Bergamo, tanto per dare qualche pietra di paragone, nello stesso arco temporale ha aumentato la propria popolazione studentesca del 35%, l’Università per stranieri di Siena addirittura del 155%, Venezia del 16,8%, il prestigioso Politecnico di Torino del 30,5.
Nel Lazio l’Unitus è quella che fa registrare il calo maggiore di iscritti dopo Cassino (-28,6%): la Sapienza perde l’8,1%, Roma Tre l’8,6, Tor Vergata l’1,2%. L’unica a crescere è l’Università del Foro Italico, l’ex Isef, con un +19,9. Il numero degli studenti iscritti incide ovviamente anche sulle assunzioni. All’Unitus la copertura del turnover dal 2010 al 2022 è stata del 39% a fronte del 47% nazionale.
“Da una quindicina d’anni o giù di li le assunzioni ordinarie delle università statali sono governate dai cosiddetti ‘punti organico’: gli spazi di flessibilità che, annualmente, il ministero dell’Università concede agli atenei in base alle uscite dell’esercizio precedente e alla virtuosità di bilancio e che sta poi alle singole accademiche decidere se e in che misura utilizzare”, spiega il quotidiano Il Sole 24 Ore.