Fu interrotto nel 79 d.C. ed è rimasto così fino ad oggi, nuovi elementi sulle tecniche del tempo
POMPEI – Nuovi dati sull’edilizia romana emergono dagli scavi in corso al Parco Archeologico di Pompei.
Negli ambienti di antiche domus che lo scavo archeologico sta portando alla luce nella Regio IX, insula 10, sono riemerse importanti testimonianze di un cantiere in piena attività: strumenti di lavoro, tegole e mattoni di tufo accatastati e cumuli di calce. Secondo gli studiosi il cantiere era attivo fino al giorno dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
Particolarmente numerose sono le evidenze dei lavori in corso nella casa con il panificio di Rustio Vero. L’atrio era parzialmente scoperto, a terra si trovavano accatastati materiali per la ristrutturazione e su un’anta del tablino (ambiente di ricevimento), decorato in IV stile pompeiano con un quadro mitologico con “Achille a Sciro”, si leggono ancora oggi quelli che probabilmente erano i conteggi del cantiere, ovvero numeri romani scritti a carboncino, facilmente cancellabili a differenza dei graffiti incisi nell’intonaco.
Tracce delle attività in corso si trovano anche nell’ambiente che ospitava il larario, dove sono state trovate anfore riutilizzate per “spegnere” la calce impiegata nella stesura degli intonaci. In diversi ambienti della casa sono stati scoperti strumenti di cantiere, dal peso di piombo per alzare un muro perfettamente verticale alle zappe di ferro usate per la preparazione della malta e per la lavorazione della calce. Anche nella casa vicina, raggiungibile da una porta interna, e in una grande dimora alle spalle delle due abitazioni, per ora solo parzialmente indagata, sono state riscontrate numerose testimonianze di un grande cantiere, attestato anche dagli enormi cumuli di pietre da impiegare nella ricostruzione dei muri e dalle anfore, ceramiche e tegole raccolte per essere trasformate in cocciopesto.
“Si tratta di un’occasione straordinaria per sperimentare le potenzialità di una stretta collaborazione tra archeologi e scienziati dei materiali”, scrivono gli autori di un articolo pubblicato sull’E-Journal degli Scavi di Pompei. Nell’analisi dei materiali e delle tecniche costruttive, il Parco Archeologico di Pompei si è avvalso del supporto di un gruppo di esperti del Massachusetts Institute of Technology di Boston (Usa).
Per il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel “è un ulteriore esempio di come la piccola città di Pompei ci fa capire tante cose del grande Impero romano, non ultimo l’uso dell’opera cementizia. Senza il cementizio non avremmo né il Colosseo, né il Pantheon, né le Terme di Caracalla. Gli scavi in corso a Pompei offrono la possibilità di osservare quasi in diretta come funzionava un cantiere antico.
I dati che emergono sembrano puntare sull’utilizzo della calce viva nella fase di costruzione dei muri, una prassi già ipotizzata in passato e atta ad accelerare notevolmente i tempi di una nuova costruzione, ma anche di una ristrutturazione di edifici danneggiati, per esempio da un terremoto. Questa sembra essere stata una situazione molto diffusa a Pompei, dove erano in corso lavori un po’ ovunque, per cui è probabile che dopo il grande terremoto del 62 d.C., diciassette anni prima dell’eruzione, ci fossero state altre scosse sismiche che colpirono la città prima del cataclisma del 79 d.C. Ora facciamo rete tra enti di ricerca per studiare il saper fare costruttivo degli antichi romani: forse possiamo imparare da loro, pensiamo alla sostenibilità e al riuso dei materiali”.