Cisterna di Latina – Traffico di rifiuti illeciti nel centro rottami, “si è scritto di tutto tranne che la verità”

CISTERNA DI LATINA – Il caso giudiziario avente causa dalle indagini della Procura della Repubblica di Roma nel quale è stata coinvolta la nota azienda Centro Rottami S.r.l. di Cisterna è tornato alla ribalta della cronaca della stampa locale nella scorsa settimana.

L’udienza del 7 maggio scorso davanti al II Collegio penale del Tribunale di Latina, presieduto dalla dottoressa Francesca Coculo si è conclusa con un rinvio al 17 settembre 2024 del noto processo per traffico illecito di rifiuti ed altri reati patrimoniali a carico di oltre 20 imputati tra Roma e Latina.

E’ singolare – ha precisato l’avvocato Mario Antinucci difensore di fiducia di Leopoldo e Gennaro Del Preteche in un giudizio penale con imputati a piede libero, rinviato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento per legittimo impedimento del difensore di uno degli imputati, sia proprio la stampa locale di Latina a segnalare l’assenza delle persone offese Comune e Regione quali parti civili che non si sono costituite a distanza di 4 anni dall’esecuzione delle misure cautelari”.

In una nota stampa la difesa di Del Prete ha chiarito che il decreto di rinvio a giudizio del G.U.P. del Tribunale di Roma per competenza territoriale dinanzi al Tribunale di Latina è giunto solo a novembre 2023, a valle di un immotivato rigetto del Giudice della puntuale richiesta definizione del giudizio con rito abbreviato condizionato alla nomina di un perito trascrittore delle intercettazioni telefoniche ed ambientali eseguite nel corso delle indagini sottoposte a precisi rilievi ed osservazioni da consulenti tecnici di chiara fama nominati dalla difesa.

La definizione anticipata del giudizio avanzata dalla difesa avrebbe consentito di liberare dal sequestro di prevenzione disposto dal G.I.P. del Tribunale di Roma la ben nota Azienda CENTRO ROTTAMI S.r.l. con sede a Cisterna di Latina di proprietà della Famiglia Del Prete, in specie dopo la riforma della misura cautelare originaria dinanzi al Tribunale della Libertà di Roma e dopo che è stata depositata presso il G.U.P. di Roma una perizia asseverata dei beni che gli imputati sono pronti a compensare con l’asserito illecito profitto dei reati contestati, lasciando ovviamente impregiudicata ogni questione di merito.

Nel delineato contesto le persone offese Comune e Regione hanno avuto tutto il tempo di intervenire nel giudizio penale nella fase G.U.P. dinanzi al Tribunale di Roma, a maggior ragione a seguito della richiesta di accelerazione del rito con il giudizio abbreviato proposto dall’Avv. Mario Antinucci difensore di Del Prete, sul presupposto che i noti Imprenditori di Cisterna di Latina si sono sempre dichiarati totalmente estranei ai fatti contestati, da tempo pronti ad affrontare il giudizio allo stato degli atti.

Senza contare che nel precisare le modalità temporali entro cui è consentita la costituzione di parte civile, la c.d. Riforma Cartabia in vigore ormai da oltre un anno, ha introdotto uno sbarramento temporale alla costituzione di parte civile nei procedimenti con udienza preliminare, con l’effetto della preclusione processuale per le persone offese assenti all’udienza di apertura del dibattimento, in questo caso il Comune e la Regione.

È noto come il processo penale mediatico, divenuto ormai un vero e proprio “circuito giudiziario” parallelo a quello della giustizia penale ordinaria, possa avere pesanti ripercussioni negative sia sullo svolgimento del processo, sia sulla vita del soggetto che vi sia sottoposto.

Non soltanto, infatti, possono aversi indebite interferenze sulla formazione del convincimento del giudice, nonché sulla libertà da condizionamenti delle parti e dei testimoni, ma possono prodursi anche devastanti (e difficilmente rimediabili) effetti sulla vita personale e sulla reputazione dell’imputato, considerato non colpevole solo dall’autorità giudiziaria, ma soggetto invece a frettolose “sentenze” di condanna mediatica. Occorre allora domandarsi se, nell’ambito del canone della presunzione costituzionale di innocenza, non possa e non debba oggi essere individuato un profilo di garanzia ulteriore rispetto alla tradizionale declinazione del principio in ambito giudiziario, che tuteli l’imputato dai riverberi negativi prodotti dai riferimenti anticipati in pubblico alla sua colpevolezza.