Roma – Travolte e uccise a Corso Francia, la mamma di Gaia abbraccia Pietro Genovese

Cinque anni fa l’incidente in cui persero la vita le sedicenni Gaia e Camilla

Gabriella Saracino: “Il ragazzo e la madre erano commossi”

ROMA – Poche parole ed un abbraccio fuori dall’aula. Cinque anni di attesa e di dolore. Ora, finalmente, un gesto liberatorio: Pietro Genovese, insieme alla madre, ha per la prima volta abbracciato Gabriella Saracino, la mamma di Gaia von Freymann, la sedicenne travolta e uccisa da un’auto insieme alla coetanea Camilla Romagnoli la sera del 22 dicembre 2019 in corso Francia a Roma. Alla guida c’era Genovese: il 25enne sta scontando una condanna a 5 anni e 4 mesi per omicidio stradale plurimo.

“Non c’è stato bisogno di tante parole ci siamo abbracciati senza dire niente. In quel momento hanno capito che il mio atteggiamento non era difensivo e si sono fatti avanti” dichiara Gabriella.

“Un gesto che mette almeno un po’ di pace nel cuore. Averlo abbracciato mi ha fatto bene ha calmato la mia rabbia. Non mi interessavano scuse formali, ma un gesto come questo, che è stato fortemente sentito. Ho abbracciato anche io il loro dolore”.

Pena più severa per scoprire dolore e responsabilità

Di certo per la madre di Gaia, il 25enne che ha investito e ucciso sua figlia meriterebbe una pena più severa: «Ma non il carcere – spiega Saracino – perché in questa situazione non sarebbe educativo. Mi aspetto che il tribunale di Sorveglianza gli dia i servizi sociali. Credo che per un ragazzo di vent’anni, che si è macchiato di un duplice omicidio stradale, sia necessario». Ad esempio, dice la donna, Genovese potrebbe andare a fare un servizio sociale «in un orfanotrofio o in un carcere, potrebbe fargli capire cosa significhi il vero dolore. Rendersi conto di essere nato in un contesto fortunato, che potrebbe non durare in eterno, e dunque responsabilizzarsi, mettersi al servizio degli altri».

E poi? “Pietro Genovese non ha parlato molto, ha pronunciato soltanto qualche parola. Sua madre invece mi ha detto: “non so come faccia”. Poi anche quando è finita l’udienza Pietro mi ha abbracciato». Lei invece ha parlato? «Ho detto anche alla sua mamma che, a mio avviso, a questo ragazzo servirebbe una pena più severa. Non il carcere, perché in questa situazione non sarebbe educativo, ma mi aspetto che il tribunale di sorveglianza (l’udienza è prevista il mese prossimo, ndr) gli dia almeno i servizi sociali”.

Poi, il ritorno a casa. “Ho apprezzato il gesto, perché devo dire che sia Genovese sia la sua mamma mi sono sembrati sinceri. Le lacrime, se una persona fingesse, non scorrerebbero.”