CIVITAVECCHIA – Non è scomparsa: è stata uccisa dal marito. La Corte di Assise di Roma ha condannato a 26 anni di reclusione Daniel Belling, l’uomo di nazionalità tedesca (ma residente in Irlanda) accusato di omicidio volontario e distruzione di cadavere in relazione alla scomparsa della moglie Li Yinglei, 36enne di origine cinese, durante una crociera nel Mediterraneo nel 2017.
Nella sua requisitoria, il pm della procura di Roma Francesco Basentini aveva sollecitato una condanna a 24 anni. Secondo l’accusa, mentre era a bordo della nave salpata il 9 febbraio dal porto di Genova, l’uomo “causava la morte della moglie, che viaggiava con lui e i due figli minori e, al fine di conseguire l’impunità del reato appena commesso, si disfaceva del cadavere occultandolo o comunque causandone la distruzione”.
Le tracce di Li Yinglei si sono perse nel 2017, dopo che era partita con il marito e i due figli per una crociera a bordo della Msc Magnifica. Belling era stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver ucciso la 36enne e di essersi liberato del suo corpo nel corso della navigazione prima dello sbarco a Civitavecchia (Roma), per poi riprendere la crociera insieme ai suoi bambini.
L’uomo condannato oggi non era in aula. Vive a Dublino e si è sempre proclamato innocente: in passato ha dichiarato che la moglie è scesa dalla nave durante una tappa della crociera, allontanandosi da lui e dai due figli senza fare più ritorno. Daniel Belling e Li Yinglei erano sposati da diversi anni, ma la loro relazione sarebbe stata in crisi, a detta di diversi conoscenti.
Secondo la ricostruzione della procura di Roma, “l’ipotesi del suicidio è assurda”. “Giovane, con una famiglia e dei figli, non ha lasciato loro nemmeno una lettera? E poi, chi vuole suicidarsi porta con sé un trolley?”, ha ricostruito l’accusa in aula. Quello del trolley è un particolare importante nel processo. Quando sbarcò, Belling aveva una valigia in meno. “Lei non è mai stata vista giù dalla nave. Al contrario di Belling, che è stato avvistato con una valigia”, ha detto in aula l’avvocato di parte civile Renato Raineri, che difende la mamma di Yingley. Come ha ricordato il pm Francesco Basentini nel corso della requisitoria, “è stato il dirigente della squadra mobile a dire che date le caratteristiche minute di Yi un trolley avrebbe potuto contenere il suo corpo”. Secondo l’ipotesi dell’accusa, il cadavere della donna potrebbe essere stato occultato in una valigia, forse poi gettata in mare.
I sospetti sono ricaduti fin da subito sul marito che, il 20 febbraio dello stesso anno, è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario. L’uomo è stato fermato mentre si stava recando all’aeroporto di Ciampino per prendere un aereo, insieme ai due figli di 6 e 4 anni, per fare ritorno in Irlanda. Ha sempre respinto ogni accusa, dicendo che la moglie si allontanò volontariamente dalla nave. Oggi, a distanza di sette anni dai fatti, è arrivata la condanna.