ROMA – Un rapporto ossessivo e violento. Controlli pressanti, mani al collo, gesti aggressivi, parole offensive. Il tutto consumato dentro la squadra italiana tuffi: un atleta, Andreas Larsen, oro agli Europei nel 2022 e in procinto di andare alle Olimpiadi, è stato rinviato a giudizio a marzo.
A denunciare le violenze un’altra atleta della squadra azzurra. A dare notizia di una vicenda, su cui la Procura della Federnuoto ha aperto un’inchiesta dopo la segnalazione della procura, Repubblica.
Un rapporto, secondo il racconto della ragazza, da subito oppressivo ed iniziato quando lei aveva appena 15 anni. “Andreas mi ha sbattuto la faccia sul volante, diceva che avevo guardato un altro tuffatore. Non era vero, quando l’avevo incrociato avevo abbassato lo sguardo temendo la sua reazione. Mi ero anche scusata.
Niente, mi sono riparata con un braccio altrimenti mi avrebbe spaccato il naso”, uno dei tanti racconti della giovane.
La tuffatrice vive nella capitale, e ora ha 19 anni: la storia con Larsen, all’epoca 21enne, dura appena quattro mesi ma la persecuzione, dice lei, è proseguita anche dopo con pedinamenti.
Andreas Larsen, tesserato con la Polizia che gli ha tolto la pistola in dotazione, si è difeso nell’interrogatorio: “le ho sempre voluto bene, solo incomprensioni”.
Ora andrà a processo per atti persecutori. Prima udienza il 25 giugno. La Procura della Federnuoto ha chiesto gli atti d’inchiesta alla Procura di Roma.