28 giugno 1940, Tobruk. L’abbattimento dell’aereo di Italo Balbo. Con lui morì il montaltese Giuseppe Berti

Da appena 18 giorni il Regno d’Italia è entrato nel secondo conflitto mondiale. Sono le 17.30 del 28 giugno 1940. Da pochi minuti gli inglesi avevano appena sferrato un attacco nei pressi della base di Tobruk, in Libia. Alte colonne di fumo nero si alzavano nel cielo.

Due aerei, dalle sagome probabilmente due bombardieri, si avvicinano a basso quota puntando la pista dell’aeroporto.

In rada si trovano il Regio incrociatore San Giorgio e il Regio sommergibile Bragadin. Unitamente alla contraerea di terra, a protezione dell’aeroporto, aprono il fuoco all’impazzata per difendersi dalla seconda ondata di bombardamenti.

Uno dei due aerei viene colpito e abbattuto dalla torretta del sommergibile, che subito si immerge e sparisce.

Lo schianto. Nessun superstite. Non erano inglesi che tentavano un secondo attacco, ma erano due trimotori S.M. 79 della Regia Aeronautica italiana provenienti da Derna.<

Ai comandi del velivolo abbattuto c’era Italo Balbo, Governatore della Libia dal 1934, Maresciallo dell’Aria. L’equipaggio era composto dal maggiore Ottavio Frailich, dal capitano Gino Cappannini e dal tenente Giuseppe Berti, volavano a bordo con lui anche il maggiore Claudio Brunelli, i tenenti Cino Florio e Lino Balbo, il console della Milizia Enrico Caretti e il capitano Nello Quilici (padre di Folco, allora tredicenne), giornalista, amico di Balbo e capo del suo ufficio stampa in Libia.

Sul secondo aereo, che invece si salvò, vi era tra gli altri il generale Felice Porro.

Alcuni sostengono che Balbo dette l’ordine di atterrare senza avvisare a terra, altri sostengono che avesse la radio fuori uso.

Quasi subito dopo il disastro iniziarono a circolare voci di un sospetto complotto per eliminare il Quadrumviro, inviso ai vertici del partito per i successi personali. Ad oggi la teoria della “congiura” non è stata provata.

Uomo di carattere, indipendente, coraggioso, eroe noto in tutto in mondo per la trasvolata Atlantica e del Decennale, fu strenuamente contrario alle leggi razziali del 1938 e soprattutto si oppose all’entrata in guerra.

Morì in un tragico incidente all’inizio della Seconda guerra mondiale per “fuoco amico”.

Alla tragica notizia fu dichiarato il lutto nazionale e Balbo insieme ai suoi commilitoni furono portati in corteo a Bengasi il 1° luglio e poi il 3 luglio a Tripoli, dove fu sepolto, si svolse solennemente il funerale.

Le spoglie di Balbo rimasero nella sua Libia fino al 1970, quando l’ondata di nazionalismo di Gheddafi, indusse a traslare il corpo in Italia e portarlo ad Orbetello, dove tutt’oggi riposa.

Il tenente marconista Giuseppe Berti era di Montalto di Castro. Oggi, sui social, molto concittadini lo hanno ricordato così come hanno ricordato che fino a questo momento nessuno ha ancora dedicato un solo attimo per dedicare a lui una via.