Il mandato d’arresto europeo bloccato fino a dicembre: “L’ex politico romeno necessita di una nuova perizia psichiatrica e non può essere arrestato. Il suo stato psicofisico incompatibile col carcere”
BARI – La Corte d’Appello ha accolto ieri le richieste della difesa ed ha sospeso la consegna di Ionel Arsene, fortemente voluta dal Ministro della giustizia della Romania e quindi non andrà in carcere.
L’esecuzione del mandato d’arresto europeo non può violare i diritti fondamentali del cittadino europeo.
La battaglia legale degli avvocati Mario Antinucci e Alfredo Gaito in difesa del famoso leader socialista europeo Ionel Arsene, vittima di una vera e propria persecuzione politico giudiziaria in Romania quale stato di emissione del mandato di arresto europeo, si è conclusa ieri con una importante sentenza della Corte d’appello di Bari che ha sospeso per sei mesi la consegna del noto politico fino all’udienza del 17.12.24, quando verrà nuovamente ascoltato lo stesso perito, dottor Cesario Schiraldi, già autore della prima perizia, per verificare le effettive condizioni di salute di Arsene a distanza di tempo.
“L’autorevole decisione della Corte d’Appello – ha spiegato in una nota stampa il legale Mario Antinucci che difende Ionel Arsene – apre la strada a un controllo individualizzato del rispetto dei diritti fondamentali, svincolato dall’esistenza di carenze sistemiche e generalizzate nello stato di emissione. Si tratta di un cambiamento dirompente, che muta la prospettiva del mandato d’arresto e afferma la necessità di guardare, in piena autonomia di giudizio, ai diritti fondamentali e quindi alle specifiche esigenze della persona da consegnare, in armonia con la recente giurisprudenza europea e costituzionale in materia”.
Prosegue l’avvocato Antinucci nella nota stampa: “La mancata previsione di un motivo di rifiuto legato alle condizioni di salute dell’interessato, in caso di malattia cronica e potenzialmente irreversibile, contrasterebbe con il principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost. In simili ipotesi, la disciplina vigente produrrebbe – per effetto del provvedimento di sospensione dell’esecuzione successivo alla pronuncia che dispone la consegna, ex art. 23, comma 3, della legge n. 69 del 2005 – «una paralisi processuale destinata a durare un tempo del tutto indefinito», con conseguente pregiudizio sia all’«esigenza di evitare la prosecuzione di giudizi dilatati nel tempo», sia al «diritto dell’imputato ad essere giudicato – o comunque a vedere conclusa la fase procedimentale cui è sottoposto – in un tempo ragionevole».
La Corte costituzionale ha chiarito che condivide la valutazione, espressa dalla stessa Corte di giustizia europea, secondo cui l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo – emesso ai fini tanto dell’esercizio dell’azione penale, quanto dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà personale – non dovrebbe mai comportare l’esposizione della persona richiesta a un rischio di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del proprio stato di salute, e a fortiori di una riduzione dell’aspettativa di vita.
Dare seguito al mandato di arresto in tali circostanze comporterebbe – come la stessa Corte di giustizia europea ha sottolinea – una violazione dell’art. 4 della Carta europea dei diritti fondamentali, esponendo l’interessato al rischio di un trattamento inumano e degradante; e determinerebbe in ogni caso, dal punto di vista del diritto costituzionale, una lesione del diritto inviolabile alla salute della persona ricercata, tutelato dagli artt. 2 e 32 della Carta Costituzionale.
“Nel delineato contesto – ha precisato infine Antinucci – il “caso Arsene” mostra come, attraverso il dialogo che si incardina nella procedura pregiudiziale dinanzi ai Giudici di Lussemburgo, la Corte costituzionale partecipi alla messa a punto del parametro sovranazionale, contribuendo ad accrescere lo standard europeo di tutela dei diritti fondamentali. La difesa di Arsene ha con forza richiesto ai giudici di Bari l’effettività delle garanzie europee del mandato d’arresto, una «scommessa vinta», che dimostra ancora una volta come la Corte italiana riesca a svolgere un ruolo attivo nel panorama europeo”.