L’ex nunzio degli Stati Uniti, ora residente nel suo eremo sulla Palanzana, continua a non riconoscere l’autorità di papa Francesco
VITERBO – Infine è giunta la scomunica per monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio negli Stati Uniti e ora sempre più isolato nel suo eremo sul monte Palanzana nel comune capoluogo della Tuscia.
La scomunica, giunta dal Vaticano, è arrivata anche perché Viganò ha scelto di non presentarsi alla convocazione nello Stato della Chiesa e per aver abbandonato la comunione con il Vescovo di Roma e la Chiesa Cattolica.
Da sempre, Viganò ha scelto di schierarsi contro papa Francesco, ritenendolo addirittura “un servo del nemico”. La sua crociata contro il Vaticano prosegue ora dalla Palanzana, dove pare che non siano pochi i suoi seguaci, sempre più agguerriti e convinti del fatto che l’attuale capo della Chiesa non sia legittimo.
Dai documenti ufficiali emerge che “In data 4 luglio il Congresso del Dicastero per la Dottrina della Fede si è riunito per concludere il Processo penale extragiudiziale ex can. 1720 CIC a carico di S.E.R. Mons. Carlo Maria Viganò, Arcivescovo titolare di Ulpiana, accusato del delitto riservato di scisma (cann. 751 e 1364 CIC; art. 2 SST). Sono note le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II”.
Carlo Maria Viganò è stato quindi riconosciuto colpevole del delitto riservato di scisma. Il Dicastero ha dichiarato la scomunica “latae sententiae”.