La Procura ha sbagliato nel consegnare le immagini e non ha fatto menzione dell’errore sia in fase preliminare che al Riesame: “Comportamento esecrabile ma reato da riformulare”
CIVITAVECCHIA – La Corte Suprema di Cassazione ha dato ragione a Roberto Angeletti. Non ha commesso il reato di revenge porn nei confronti del sindaco di Santa Marinella Pietro Tidei. Non solo. I giudici hanno annullato tutti i provvedimenti, dal sequestro dei telefoni ai computer, pen drive e hard disk.
Tutte azioni viziate dall’illegittima interpretazione della legge (art. 612-ter) sul revenge porn attribuita come reato a carico di chi ha invece avuto dalla Procura stessa quelle immagini che non sarebbero state prima vagliate dagli inquirenti e quindi non classificate come atti rilevanti e/o irrilevanti.
Pesante nelle motivazioni la reprimenda del collegio: “rendono evidente come il provvedimento impugnato abbia confermato il decreto procedendo ad una illegittima immutazione dell’incolpazione provvisoria, avendo posto a fondamento0 della decisione un fatto diverso, mai contestato”.
Nel caso in esame, sottolineano i giudici: “la ripresa era stata frutto di intercettazione ambientale eseguita dall’A.G. a totale insaputa dei soggetti ripresi, per cui, salva la violazione del principio di legalità e tassatività, essa non può essere considerata alla stregua del materiale indicato dai commi primo e terzo dell’articolo 612-ter cp; ciò senza contare che la persona indagata aveva legittimamente acquisito la registrazione in quanto persona sottoposta ad indagini nell’ambito del procedimento in cui l’intercettazione era stata sottoposta”.
L’interpretazione del reato quindi non può essere accolta perché: “L’autore del revenge porn, secondo tale terminologia, è, quindi, in via esclusiva l’ex partner, che, con la finalità di ottenere vendetta, pubblica immagini intime o dal contenuto sessuale, destinate a rimanere private, ritraenti colui/colei che ha posto fine alla relazione sentimentale”.
In questo caso non c’è nessuno di questi elementi.
Non solo, sempre secondo i giudici il reato, se mai fosse revenge porn, è iniziato da chi lo ha divulgato e cioè la Procura stessa: “Conseguentemente, ed altrettanto inequivocabilmente, emerge dalla formulazione testuale del comma primo dell’art. 612-ter cod. pen., che l’autore di una delle condotte di diffusione del materiale a contenuto sessualmente esplicito non possa che essere il soggetto che ha realizzato il materiale stesso, oppure colui che lo ha sottratto: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere provati, senza il consenso rappresentate…”.
La Cassazione non assolve dal comportamento esecrabile compiuto da Angeletti che deve però essere inquadrato in una fattispecie di reato diverso dal 612-ter.
Per questo e per altri motivi aggiuntivi che potete leggere nel provvedimento che trovate a fine articolo il presidente Gerardo Sabeone ha annullato il provvedimento impugnato con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Roma.
cassazione angeletti revenge porn (2)Questa sentenza farà molto discutere perché, per la prima volta, ha messo in evidenza le criticità della legge che necessitano di opportune modifiche.