VITERBO – La Città dei Papi è da sempre una città dalla chiara “natura turistica”. Le sue difficoltà nell’emergere come città d’arte, tuttavia, sono comparse nuovamente nella recente contrazione del numero di visitatori. Un’emergenza presa molto seriamente dall’amministrazione provinciale, che ha invocato una riunione tra le associazioni categoria. Ci siamo rivolti ad ArcheoAres, una tra le società “simbolo” del turismo a Viterbo (e non solo) per parlare di turismo, aspettative future e occasioni da non perdere per un rilancio turistico del capoluogo della Tuscia. Chi risponde, è il terzetto formato dai soci fondatori: Gianpaolo Serone, Francesco Aliperti e Bruno Blanco.
In città, ArcheoAres è tra le realtà più attive dal punto di vista del turismo soprattutto culturale, in primis per la gestione dei musei cittadini come quello del Polo Museale del Colle del Duomo, ma anche per il Museo dei Portici e del Museo Civico Rossi Dainelli. Numeri alla mano, potete dirci come stanno realmente andando le cose a Viterbo?
Nell’anno in corso, non si può negare un rallentamento in termini di presenze turistiche nella Tuscia viterbese e nel capoluogo.
I musei non hanno subito contrazioni in termini di offerta, che anzi si rinnova con continuità e lo farà ancora a breve grazie ad importanti interventi tecnologici (postazioni in Realtà aumentata, video mapping, etc.) tuttavia il pubblico tende a riallinearsi al periodo pre-pandemico pur rimanendo su cifre superiori al 2019.
Parliamo di questo trend. A cosa è dovuto?
Il trend è legato ad una riduzione di presenze, in particolare di quelle italiane e soprattutto di quelle laziali. Leggere queste situazioni è un terreno sempre sdrucciolevole poiché spesso generate da una combinazione di fattori. Tuttavia crediamo che la causa principale sia legata in generale alla minore capacità (o volontà) di spesa da parte del pubblico nazionale.
Sicuramente l’andamento dell’economia globale e le crisi internazionali e l’attuale scenario bellico in Ucraina e in Medioriente non hanno aiutato. A questo aggiungiamo una riduzione dei flussi legata a un riassestamento del mercato dopo la “bolla” post-pandemica dei territori interni e la ciclicità dell’andamento turistico, caratteristica di questo specifico settore che è spesso ignorata in fase di analisi.
In ultimo non deve essere sottovalutata la crescita di tipologie di turismo alternativo a quello culturale. Il comparto “active”, ad esempio, ha grandi potenzialità di crescita e speriamo di poter trovare anche il modo di unirlo a proposte culturali che offrano occasioni di conoscenza anche in senso tradizionale.
ArcheoAres è una realtà non esclusiva del territorio viterbese. Anzi, il vostro impegno è sparso un po’ in tutta Italia. Come stanno andando le cose in questi altri luoghi dove operate?
L’analisi condotta nei diversi siti gestiti, conferma in sostanza l’andamento che leggiamo anche nel viterbese. Notiamo una leggera differenza dove è maggiore l’internazionalizzazione del sito dove la presenza straniera sopperisce parzialmente al calo della domanda interna. Il trend generale, tuttavia, non ha subito modifiche significative, segno di un problema più generale anche rispetto alla provincia di Viterbo.
Possiamo parlare di un problema “turismo” a Viterbo e nella Tuscia in generale? Ultimamente anche la Provincia è intervenuta, chiedendo una riunione con le varie associazioni di categoria per fronteggiare quella che sembra essere “un’emergenza”.
Ben vengano i pareri di chi mostri interesse al tema. Un confronto tra i soggetti istituzionali e privati – come proposto dall’ente provinciali – può essere un primo passo. È bene che tutti – istituzioni, aziende e cittadini – prendano coscienza che le azioni di ognuno, volente o nolente, contribuiscono alla costruzione dell’immagine complessiva del territorio.
Oggi possiamo associare il termine “turismo” a numerose accezioni, ma ogni esperienza che aumenta la conoscenza di qualità, che perdura e resiste a ogni possibile “crisi”, nasce sempre da una precisa visione di territorio, della sua identità e del suo patrimonio, dal modo con cui si crea una narrazione che supera logiche provinciali per abbracciare un’idea glocal, capace di generare un interesse realmente condiviso e traducibile altrove.
Molti cittadini lamentano l’assenza di un’offerta dal punto di vista culturale. Viterbo, tuttavia, è una città ricca di storia, con chiese, dimore e musei sparsi un po’ ovunque. Dov’è il problema allora?
Sicuramente si può sempre lavorare per migliorare l’offerta, ampliandola e riorganizzandola. In questo periodo storico molte amministrazioni sono impegnate grazie al PNRR a ripensare le città e i territori. Crediamo però che debba anche essere svolto un maggiore lavoro sul posizionamento commerciale del territorio.
Ultimamente, il sindaco Luca Profili di Bagnoregio si è espresso in merito al turismo della Tuscia sottolineando la mancanza di un vero e proprio “sistema turistico Tuscia”. Cosa ne pensate di questa affermazione?
Quanto sostiene il sindaco è ovviamente sotto gli occhi di tutti. E sono anche presenti delle iniziative in corso per cercare di creare questo sistema e speriamo di poterne dare ampia notizia anche grazie all’impegno del sindaco di Bagnoregio e degli altri amministratori coinvolti.
Bisogna sicuramente superare questa sorta di “incastellamento mentale”, che oltre ad essere inutile può divenire pericoloso. Il mondo “feudale”, fortunatamente, ormai è estinto.
La Tuscia sta da anni costruendo una propria identità che evidenzia i molti punti in comune tra le diverse anime della provincia di Viterbo. Oltre alla produzione enogastronomica, sicuramente in crescita e sulla quale la Camera di Commercio si è spesa molto anche con festival recenti, è unita da fil rouge potenti, su cui costruire una fascinazione ampia e altamente specifica: la spiritualità e il paesaggio. Questi sono due grandi contenitori “naturali” che raccontano storie uniche e diverse sia attraversando queste terre da Nepi, a Corchiano, con le loro forre, in cui si è sviluppata la civiltà, passando per Viterbo, con il primo Conclave, Tarquinia, Bolsena e Bagnoregio, con Santa Lucia, Santa Cristina e San Bonaventura, solo per portare due veloci esempi, ne sono testimonianza.
Inoltre nel paesaggio culturale, così caro a Rosario Assunto, ai pittori del Grand Tour e ai grandi architetti medievali e tardomedievali, gli stessi che hanno edificato castelli, rocche, palazzi, poi si sviluppa la storia e l’identità di queste terre. Un insieme così complesso e atipico, perché non si alimenta tanto di cultura della modernità, di grandi festival o di grandi eventi noti in tutta Italia e certezza di successo locale, né “solamente” di prodotti tipici, con cui competiamo con le regioni limitrofe ma deve trovare per forza una connessione con altre entità, nell’idea di organizzare l’offerta e raddoppiare i risultati.
Se questo non sarà, tutto prima o poi rischia di estinguersi, specie in un mondo in cui un anno dura un attimo e un cittadino, dai social che guarda ogni giorno, ai viaggi, è letteralmente inondato di singole iniziative, spesso molto valevoli, in grado di “portarlo via” rispetto alla nostra offerta. Autonomia organica, potremmo definirla. Apparentemente sembra un ossimoro ma è facilmente riassumibile: le amministrazioni o gli enti pubblici e privati che intendono investire in cultura partendo dalla Tuscia, pur godendo, ovviamente, della possibilità di offrire ai visitatori ciò che ritengono, anche nel rispetto e nella garanzia delle sfumature della propria terra (autonomia), si organizzano formalmente in una sorta di grande consorzio che detta visioni e narrazioni comuni (organica). Una costruttiva e pacifica prova di maturità generale che serve a testare l’intero sistema che si occupa di patrimonio.
Parliamo del vostro impegno sul territorio. Negli ultimi mesi avete intrapreso degli importanti progetti, in tandem con la Curia vescovile di Viterbo e con l’amministrazione comunale. Parliamo ovviamente delle indagini geofisiche e archeologiche nella zona del Colle del Duomo e del progetto “Oltre la pietra”. Partendo dal presupposto che sono entrambe iniziative che in senso lato toccano la cultura e il turismo, potete raccontarci come stanno procedendo?
I lavori procedono a gonfie vele. Parliamo di progetti importanti che hanno interesse nazionale e possono avere importantissime ripercussioni sulla città, sia a livello turistico sia a livello culturale. In autunno procederemo a comunicare a tutti i primi risultati ottenuti e annunceremo, insieme ai soprannominati enti, le prossime azioni.
ArcheoAres rappresenta una realtà consolidata da molto tempo sul territorio. Parcheggi, eventi, iniziative imprenditoriali degne di nota… cosa manca, secondo voi, alla città di Viterbo per “spiccare il volo”? Voi cosa fareste?
L’evoluzione del mercato turistico non permette più di limitarsi a una armonizzazione dell’esistente e ad un processo conservativo. È fondamentale continuare ad investire sul territorio e facilitare la nascita di imprese che offrano servizi che rispondano alle esigenze sempre nuove del pubblico.
Questo è un processo che non ha tempi brevi ma che comunque deve iniziare. Non deve essere necessariamente un processo con costi enormi per la comunità, anche se pasti gratis non esistono, perché bisogna concentrarsi non tanto sul finanziamento delle singole attività quanto sulla creazione delle precondizioni allo sviluppo di una mentalità imprenditoriale che porti alla creazione di imprese che si sostengano e creino ricchezza. Contrariamente a quanto si possa generalmente credere pensiamo che l’amministrazione pubblica – a tutti i livelli – debba cercare di intervenire il meno possibile e lasciare che il mercato locale, nazionale ed europeo si autoregoli attraverso un sano rapporto tra domanda e offerta.
Chiaramente questo processo non può avvenire a livello locale ma deve essere un indirizzo più generale.
Alle attuali condizioni è fondamentale sostenere i punti di forza che rendono la città di Viterbo un unicum nel panorama nazionale e internazionale, orientando su quello iniziative, da intendersi come movimentazione intellettuale, culturale, narrativa e comunicativa, proprio sul patrimonio selezionato, strutturandovi l’offerta maggiore, in un sistema di collaborazione pubblica e privata, con un’agenda di azioni e investimenti precisi, col supporto di professionalità, da quelle amministrative a quelle specifiche per la gestione dei Beni Culturali.
Dobbiamo cercare di rendere la città di Viterbo e la Tuscia in genere sempre maggiormente distinguibile dal resto del mercato turistico, facilmente accessibile sotto tutti i punti di vista e ricca di valori culturali (qui da intendere nel senso più lato del termine) significativi per l’utenza finale.
In pratica dobbiamo avere il coraggio di selezionare il patrimonio e indirizzare le azioni su questa scelta ponderata. Come creare un badge della città. Nel caos dell’overtourism, che sta creando qualche importante riflessione in lungo e in largo nel Paese, così come anche la stampa nazionale testimonia nell’ultimo periodo, e nella vastità dell’offerta italiana, così densa, ricca di sfumature e ricolma di opportunità, è necessario leggere la città e costruire su questa lettura una narrazione, anche perché il Paese è pieno di meraviglie. Oltre il giusto orgoglio identitario, di chiese cittadine che per affreschi, architetture, storia, possono apparirci come uniche nel loro genere, a soli 80 km di distanza, a Roma, solo per fare un esempio, o nelle vicine Umbria e Toscana, ve ne sono in grande quantità. Il visitatore lombardo, ligure o siciliano, ma anche quello romano, toscano o umbro, sarebbero abituati a godere di quella maestosità perché magari una di quelle meravigliose chiese è proprio nel suo quartiere, semplicemente. Dunque, sarà necessario sostenere i punti di forza che rendono la città di Viterbo un unicum nel panorama nazionale e internazionale, orientando su quello iniziative, da intendersi come movimentazione intellettuale, culturale, narrativa e comunicativa, proprio sul patrimonio selezionato, strutturandovi l’offerta maggiore, in un sistema di collaborazione pubblica e privata, con un’agenda di azioni e investimenti precisi, col supporto di professionalità, da quelle amministrative a quelle specifiche per la gestione dei Beni Culturali. Partire, così, dal riconoscere i capisaldi della propria storia, anzitutto. Dobbiamo trovare una quadra che renda Viterbo capitale reale della Tuscia con una importante voce in capitolo a livello esterno; un’isola felice per trattenere un turismo di qualità, operando un lavoro di targettizzazione sulla nuova e concreta narrazione costruita e sulla relativa comunicazione. Qui si apre un capitolo importante. Occorre maggiore attenzione alla comunicazione, svolta in maniera professionale e pianificata, adeguata e mai improvvisata.
Sarebbe necessario cominciare a distinguere, inoltre, la coesistenza delle forme culturali che animano la città: quella pop, votata all’intrattenimento e al buon vivere, e quella di traduzione, di qualità, che getta fondamenta solide per l’immagine della città, ma non per questo snob, semplicemente. Entrambe incarnano le pulsazioni vitali di un luogo eppure devono avere la stessa dignità, soprattutto a livello di investimenti pubblici. Questa non è LA ricetta, ma un maturo e fruttuoso punto di partenza, che supera ogni effetto scenico.
Recentemente avete ottenuto il premio Italia Medievale. In cosa consiste? Viterbo può trarne beneficio?
Questa vittoria è un dono per la città. Il premio Italia medievale, difatti, nasce per assegnare annualmente un riconoscimento a personalità, istituzioni e privati che si sono particolarmente distinti nella promozione e valorizzazione del patrimonio medievale del nostro paese. Questo riconoscimento, la cui cerimonia di consegna avverrà a Milano, coinvolgeva alcune tra le più prestigiose città d’arte italiane e realtà culturali di grande pregio.
È per noi motivo d’orgoglio vedere il Polo monumentale colle del duomo, che curiamo con grande attenzione e lungimiranza da vent’anni – quando tutto iniziò, per noi e per Viterbo con la scommessa di aprire al pubblico il Palazzo dei Papi – vincere, arrivare così in alto.
Nel piccolo è anche una nostra vittoria che condividiamo con la Diocesi di Viterbo, per la capacità di avere lo sguardo sempre proteso in avanti, anche sul tema della gestione del proprio patrimonio culturale.
Un’ultima domanda, stavolta rivolta al futuro più prossimo. Quali aspettative ci sono per il periodo natalizio? E come era andata lo scorso anno?
Il periodo natalizio porta sempre una concentrazione di pubblico soprattutto dal 26 dicembre al 6 gennaio. In genere un piccolo anticipo si vede in occasione di Sant’Ambrogio (abbiamo una componente lombarda importante nel pubblico nazionale) e dell’Immacolata. Tuttavia quest’anno non si crea il ponte e quindi dovremo attendere le festività principali per registrare i numeri migliori.
Credo che si presenterà un trend similare a quello estivo, agostano in particolare, ma speriamo di riuscire ad ampliare l’attrattività dei monumenti, specie verso le famiglie che grazie anche al Christmas Village popolano il centro storico, grazie alle innovazioni tecnologiche che sono in arrivo.