Nel mirino, oltre il politico imprenditore di Fratelli d’Italia l’allora tecnico comunale Angelo Cecchetti. Il fabbricato in questione era di proprietà della compagna di un altro noto politico locale
MONTEFIASCONE – Il “processo politico” contro Massimo Ceccarelli, imprenditore e politico di Fratelli d’Italia, si è concluso con un’assoluzione da parte del tribunale di Viterbo. Al centro della vicenda, i presunti lavori abusivi in via Bertina a Montefiascone, nella casa di un altro importante politico locale e della sua compagna. Tutti i cinque imputati, tra cui Ceccarelli in veste di costruttore, l’ex dirigente comunale all’urbanistica Angelo Cecchetti, la proprietaria dell’immobile, il progettista e il direttore dei lavori, sono stati prosciolti dalle accuse.
Il processo si è chiuso ieri davanti al collegio del tribunale di Viterbo. L’inchiesta era partita da una denuncia del proprietario dell’immobile confinante, rappresentato dall’avvocato Antonello Maseo del foro di Roma. Gli imputati sono stati assolti perché le relazioni tecniche dei periti incaricati dall’accusa si sono rivelate lacunose. Inoltre, l’accusa di aver realizzato una struttura con 12 centimetri in più d’altezza su un terreno sbancato si è dimostrata infondata e insostenibile.
Dei diversi capi d’imputazione, tutti sono stati dichiarati estinti per prescrizione, tranne uno per il quale la pubblica accusa stessa ha chiesto l’assoluzione.
Il caso riguardava un fabbricato con vista panoramica sul lago di Bolsena, il cui cantiere era stato sequestrato due volte nel giro di pochi mesi: la prima volta all’inizio di agosto 2018 e poi di nuovo ad aprile 2019. In entrambi i casi, i sigilli erano stati rimossi su ricorso del difensore Enrico Valentini, con il consenso del pubblico ministero, basandosi su una relazione del geometra incaricato dal Comune, poi smentita dalla polizia giudiziaria.
Il pubblico ministero Franco Pacifici, in seguito a questa smentita, aveva ordinato due consulenze tecniche affidate a un proprio geometra, depositate il 28 febbraio 2019. Nello stesso giorno, era stata ascoltata una funzionaria della Soprintendenza di Roma, che aveva istruito la pratica, dichiarando che “quanto realizzato era difforme da quanto autorizzato”.
Il 23 maggio 2019, un sopralluogo della funzionaria della Soprintendenza ai beni paesaggistici, su richiesta del PM, aveva confermato “una forte difformità tra le altezze rappresentate in progetto e le strutture edificate, con un evidente potenziale incremento di impatto paesaggistico sull’intero contesto”. Tuttavia, la Corte di Cassazione nel 2020 ha rigettato il ricorso della procura, segnando l’ultimo capitolo della vicenda giudiziaria.
Alla fine, il tribunale di Viterbo ha assolto tutti gli imputati, mettendo fine a una lunga battaglia legale che ha visto contrapporsi diverse autorità e perizie. Un caso che si è concluso senza colpevoli, ma che ha lasciato sul terreno dubbi e polemiche su quello che in molti hanno definito un “processo politico”.