Il capocannoniere di Italia ’90 è spirato oggi all’ospedale Civico, aveva 59 anni. Da tempo combatteva contro un tumore. Dalle notti magiche all’ultima celebre apparizione televisiva in “Pechino Express”, Palermo perde uno dei suoi simboli
PALERMO – Gli occhi spiritati di Italia ’90 si sono chiusi per sempre. Totò Schillaci, l’uomo che ha fatto sognare un’intera nazione durante quell’estate magica, è morto questa mattina all’ospedale Civico. Nonostante i bollettini che nei giorni scorsi parlavano di condizioni in miglioramento, il suo stato di salute è improvvisamente precipitato, portandolo via nel silenzio, lasciando un vuoto profondo. La camera ardente sarà allestita allo stadio Renzo Barbera, dove chiunque vorrà potrà dare l’ultimo saluto a un uomo che è stato più di un calciatore, più di un campione.
Totò non c’è più, e per chi l’ha amato e sostenuto è difficile crederci. La vita, però, ci insegna crudelmente che anche gli eroi del pallone, quelli che ci hanno fatto vibrare e emozionare, se ne vanno. Lui, che a 59 anni sembrava ringiovanire come Benjamin Button, ha dovuto cedere all’avversario più insidioso. Dalle notti magiche di Italia ‘90, con la mascotte “Ciao” a fare da cornice, fino all’ultima apparizione televisiva a “Pechino Express”, Totò Schillaci è stato un eterno ragazzo. Sempre in bilico tra il mito e la quotidianità, tra la fama globale e i gesti semplici di chi è rimasto uno di noi. Un uomo capace di restare umile anche quando il mondo lo guardava con ammirazione, come quando, nel gennaio scorso, apparve alla clinica La Maddalena lo stesso giorno in cui fu arrestato Matteo Messina Denaro. Lì, anche Schillaci combatteva la sua battaglia contro il cancro, un male che lui stesso aveva descritto come impietoso, ricordando la scomparsa di Gianluca Vialli. Schillaci, che sembrava aver sconfitto quel nemico, ci ha illuso ancora una volta di aver segnato il gol più importante della sua vita. Ma la partita, purtroppo, non era ancora finita.
Ora Totò ci ha lasciato, e forse, tra le stelle, si ritroverà con Luca (Vialli), Diego (Maradona) e Paolo (Rossi). Quattro campioni che hanno fatto la storia del calcio e che, in un quadriennio, ci hanno detto addio troppo presto.
Totò Schillaci era un eroe a sorpresa. Nel 1990, agli ordini del ct Azeglio Vicini, sembrava rispecchiare il percorso di Paolo Rossi del Mundial ’82. Entrato in punta di piedi nella rosa azzurra, divenne subito protagonista, segnando al debutto contro l’Austria. Quella rete di testa, su assist perfetto di Gianluca Vialli, fece esplodere il Paese. Bruno Pizzul lo gridava al microfono: “Schillaci, ancora… gol!” e l’Italia si innamorava di quel ragazzo di Palermo, capace di zittire gli insulti ricevuti pochi mesi prima a Bari, dove lo avevano chiamato “Schillaci ruba le gomme”. Lo stesso stadio di Bari lo consacrò capocannoniere del Mondiale, con sei reti indimenticabili. Come Paolo Rossi otto anni prima, Totò fu il bomber dell’Italia, ma senza la gioia di sollevare la coppa.
Nonostante questo, l’Italia lo ha amato profondamente, forse proprio per quella sua umiltà, per quel legame profondo con la sua terra. Schillaci veniva da un quartiere popolare, il Cep, e da quel quartiere, durante le notti magiche, arrivarono cronisti da tutto il mondo per scoprire le radici di un mito che era nato tra i campetti di periferia e che stava incantando il mondo intero.
Dopo Italia ’90, Totò proseguì la sua carriera in Italia e all’estero. Divenne il primo calciatore italiano a trasferirsi in Giappone, dove continuò a segnare e a regalare spettacolo, ma il suo legame con Palermo non si spezzò mai. Tornato nella sua città, provò anche la carriera politica, entrando nel consiglio comunale con Forza Italia, ma capì presto che la politica non faceva per lui. La sua vera passione restava il calcio, e così fondò la sua scuola calcio, formando nuove generazioni di talenti, tra cui il nipote Francesco Di Mariano e Antonio Di Gaudio, che mai però raggiunsero i suoi livelli.
Negli ultimi anni, Totò Schillaci ha mostrato ancora una volta il suo volto da combattente. Nonostante la malattia, che lo aveva già messo alla prova, Schillaci partecipò a “Pechino Express” nel 2023, insieme alla moglie Barbara Lombardo. Girarono insieme l’India, la Malesia e la Cambogia, regalando sorrisi e dimostrando la stessa tenacia di sempre. Ma il tumore non l’aveva mai lasciato davvero. Le sue apparizioni pubbliche divennero sempre più rare e chi lo conosceva iniziò a preoccuparsi per il suo silenzio.
Poi l’ultima volta, qualche settimana fa, sull’isola di Lipari, dove volle rendere omaggio alla tomba di Franco Scoglio, l’allenatore che più di tutti amava e che, insieme a Schillaci, aveva scritto pagine indimenticabili del Messina.
Oggi Totò se ne è andato, ma i suoi occhi spiritati resteranno per sempre nella memoria collettiva, spalancati su un’estate indimenticabile e su una vita vissuta intensamente, tra il calcio, la gloria e i sogni di un ragazzo che, partito dai vicoli di Palermo, fece innamorare il mondo. Addio, Totò.