Studiare dal carcere, nel Lazio è possibile anche grazie all’Università della Tuscia

La Regione Lazio ha stanziato 350mila euro per il miglioramento delle condizioni di vita carceraria e il sostegno del diritto allo studio tra la popolazione detenuta

VITERBO – L’istruzione universitaria come strumento di riscatto sociale. Nel Lazio, come in molte altre regioni italiane, cresce il numero di detenuti che decidono di iscriversi all’università.

Le motivazioni sono abbastanza scontate: studiare per occupare il tempo in maniera propositiva ma anche per avere più opportunità nel mondo del lavoro una volta fuori.

I percorsi consentiti a livello regionale sono molteplici e tra questi c’è anche quello fornito dall’Università della Tuscia, in prima linea nell’impegno verso la possibilità di studiare dal carcere per i detenuti.

Nei giorni scorsi, per l’Unitus e per gli altri atenei coinvolti, è arrivata una buona notizia. La giunta regionale del Lazio, su proposta dell’assessora al Personale, alla Sicurezza urbana, alla Polizia locale, agli Enti locali e all’Università, Luisa Regimenti, ha approvato due delibere per lo stanziamento di 350mila euro destinati a promuovere il miglioramento delle condizioni di vita carceraria e a sostenere il diritto allo studio e alla diffusione dell’istruzione universitaria tra la popolazione detenuta del Lazio.

Una parte dei fondi sono destinati al sostegno del diritto allo studio e alla creazione di poli universitari: le risorse saranno ripartite in misura proporzionale al numero dei detenuti iscritti nell’anno accademico 2024-2025 negli atenei coinvolti che sono Università Roma Tre, Università Tor Vergata, Università La Sapienza, Università di Cassino e del Lazio meridionale e, appunto, Università della Tuscia.

“Rinnoviamo il nostro impegno per la popolazione detenuta del Lazio che, come dimostrano i tanti momenti critici vissuti nei mesi scorsi, vive un momento di grande sofferenza a causa del sovraffollamento – ha spiega l’assessora Luisa Regimenti -. Grazie a queste risorse vogliamo offrire una prospettiva di riscatto attraverso attività alternative come lo studio, la formazione, il lavoro, l’arte che possano consentire al detenuto di aspirare ad una nuova vita una volta scontata la pena. Queste misure si aggiungono al tavolo di lavoro interistituzionale per la prevenzione dei suicidi e al tavolo interassessorile per il trattamento della popolazione detenuta, strumenti che testimoniano la costante attenzione della Giunta Rocca alle condizioni dei detenuti e di operatori e agenti che lavorano degli istituti penitenziari: migliorare la condizione delle persone recluse significa anche migliorare la qualità della vita di tutti gli operatori che lavorano nel carcere”.