Dossieraggio su Alex Britti per sputtanarlo: “A Civitavecchia la Guardia di Finanza lo ha beccato nel ’91 mentre fumava una canna”

Gli indagati al telefono: “Internazionale?”, “Finalizzato al traffico? … Allo spaccio?”, “Questa è solo dentro, tranne da noi, a Civitavecchia, dalla GDF!”. “Fai una copia e trita tutto… Lo sapete, no? All’epoca per una canna condivisa ti prendevi lo spaccio”. Di recente il cantante e un suo amico fermati e perquisiti in modo abusivo alla stazione centrale di Milano da poliziotti “veri”

MILANO – Ad una settimana dalle misure cautelari che hanno portato ai domiciliari, tra gli altri, l’ex poliziotto Carmine Gallo, ad dell’agenzia investigativa Equalize, e il suo braccio destro, l’esperto informatico Samuele Calamucci, proviamo a fare ordine nella maxi inchiesta della Dda di Milano con la Procura Nazionale Antimafia.

Chi sono gli spioni, chi gli spiati e chi i committenti? Cosa viene realmente contestato dal gip e cosa, al momento, rientra solo tra le millanterie del presunto gruppo di cybe-spie?

In questa immensa inchiesta ci sono tanti risvolti inquietanti, oggi ne raccontiamo uno.

La vicenda coinvolge il noto cantante Alex Britti, impegnato in una contesa legale particolarmente complessa con Nicole Pravadelli, ex compagna e madre del figlio E.

Dietro le quinte, però, emergono dinamiche oscure che coinvolgono figure di spicco e pratiche investigative discutibili. Fulvio Pravadelli, ex manager Publitalia e direttore generale della Veneranda Fabbrica del Duomo, nonché padre di Nicole, sembra orchestrare in prima persona un’intensa attività di dossieraggio e spionaggio su Britti.

Questo ha incaricato la società investigativa Equalize, capitanata da personaggi come Calamucci e Gallo, di raccogliere informazioni compromettenti sul cantante, presumibilmente per influenzare la contesa legale a vantaggio della figlia Nicole e per mettere pressione su Britti affinché accetti condizioni favorevoli all’affidamento del figlio.

L’attività investigativa si concentra non solo sulla vita privata di Britti, ma anche sui suoi trascorsi legali. In una delle intercettazioni, Calamucci spiega dettagliatamente il compito affidatogli:

“Ci hanno chiesto di trovare qualunque cosa che possa mettere in cattiva luce Britti… stiamo verificando i suoi precedenti, anche quelli di polizia… sai, mi risulta che ha una roba vecchia del ’91 per droga… era detenzione ai fini di spaccio. Lo sapete, no? All’epoca per una canna condivisa ti prendevi lo spaccio. Per la sua ex suocera sapere che è stato implicato in una cosa del genere sarebbe oro”.

La raccolta di queste informazioni non si limita, però, alle attività legali e documenti pubblici, ma avviene anche tramite canali non convenzionali e, a tratti, illeciti.

Le intercettazioni rivelano come Fulvio Pravadelli e la sua squadra di investigatori abbiano utilizzato contatti interni nelle forze dell’ordine per acquisire dettagli dai sistemi SDI (Sistema D’Indagine) e altri archivi riservati. Calamucci, in una conversazione con Cornelli, altro membro dell’agenzia Equalize, sottolinea la rete di relazioni attivate per questi scopi:

“Siamo in mezzo a gente potente, capisci? Il vecchio Fulvio [Pravadelli] non si fa scrupoli… per lui si fa tutto per proteggere la figlia”.

Il materiale acquisito, come emergono da varie conversazioni, è strategicamente architettato per costruire una campagna stampa volta a screditare Britti. Pravadelli e i suoi collaboratori sono in contatto con alcuni giornalisti, tra cui il fondatore di Dagospia, Roberto D’Agostino, noto per le sue rivelazioni scandalistiche. Calamucci espone chiaramente la strategia in una delle conversazioni intercettate:

“Dagospia pubblica tutto, è una delle testate più temute. Basta dire che Britti è un ex tossico e uno spacciatore, e lo possiamo fare girare. Se la notizia è un colpo, la faranno esplodere sui giornali, soprattutto se la fonte è seria. Possiamo anche passargliela noi, direttamente”.

Roberto D’Agostino con tutta probabilità non ha saputo nulla delle intenzioni della “banda” o, se chiamato (può saperlo solo il diretto interessato), ha pensato bene di non utilizzare la “soffiata” vista la pochezza della notizia e cioè che Britti, alla veneranda età di 23 anni, fu fermato mentre fumava uno spinello con gli amici.

Parallelamente alla strategia mediatica, emergono tentativi di controllo e intimidazione tramite episodi di pedinamento. Sono numerose le occasioni in cui Britti e il suo entourage sono seguiti o fermati, come nel caso di un controllo pilotato alla stazione Centrale di Milano. Calamucci e Gallo confermano in un dialogo che l’azione era studiata per raccogliere “qualcosa da usare contro Britti e i suoi collaboratori.

“Ci siamo inventati il fermo, sai, il tipo che era con lui potrebbe avere addosso qualcosa, ci avevano dato una mano colleghi della stazione. Ma niente… avevamo sperato di trovarlo nei guai”.

Pravadelli spinge senza tregua per ottenere prove che confermino le sue convinzioni e si dimostra disposto a usare qualsiasi mezzo. In un’occasione, condivide con gli investigatori la speranza che la storia del passato da “tossicodipendente” di Britti sia resa pubblica in modo da influire sull’esito giudiziario.

“Non ha mai ammesso di aver fatto uso di droga, ma io so che lo ha fatto. Basta che troviate una traccia, anche piccola, una carta che possa provarlo. Questa è l’arma che serve: il fatto che lui sia bugiardo”.

Questa rete di manovre si scontra spesso con ostacoli e difficoltà logistiche, e si trasforma presto in un piano di ricatti e accordi sotto banco.

Una volta che le informazioni di Civitavecchia (il verbale della Guardia di Finanza che lo fermò nel ’91 quando aveva 23 anni) vengono raccolte, Pravadelli prevede di usarle come leva per costringere Britti ad accettare un accordo vantaggioso sulla custodia del bambino. Si prevede l’intervento dell’avvocato Pino, un penalista esperto in casi di grande risonanza mediatica, che, secondo Calamucci, “ha sempre gestito cause difficili come quelle del caso Ruby”:

“Viene al tavolo con l’informativa su Britti e gli dice: ‘Non vuoi fare come diciamo noi? Allora vedi qui cos’ho’. E poi non gli diciamo nemmeno come l’abbiamo trovata, giusto? Anonimo, trovato così. La carta è perfetta, nessuno ci può collegare a nulla”.

Dai resoconti risulta anche come l’agenzia di Pravadelli sia persino arrivata a spiare la vita privata di Britti, cercando qualsiasi elemento compromettente da usare. In un’occasione, viene rilevato che Britti, durante un concerto, aveva lasciato il figlio con la madre di Nicole.

Nicole, in contatto con Gallo, esprime indignazione per questa situazione, dando ulteriore materiale per danneggiare la reputazione del cantante nelle sedi opportune:

“Mio figlio non può stare con lui se deve stare sul palco! E poi dove lo porta, a casa della nonna? Il giudice ha detto che deve stare con lui, ma se è a fare concerti non lo segue!”.

Nel proseguire la raccolta di prove, Calamucci e Gallo si vantano dell’efficacia del controllo sociale e delle false intercettazioni. Ad esempio, con la collaborazione di un poliziotto compiacente, riescono a ottenere nuovi documenti in tempi brevissimi, usando procedure e giustificazioni fittizie nei loro sistemi di archiviazione, rafforzando così le loro armi di ricatto.

“Tutta la documentazione era pronta. A Roma, nelle carte c’è tutto su di lui, ed è così che possiamo metterlo in difficoltà ovunque. Non si può fare un passo senza sapere che siamo lì, capito?”.

La vicenda, dai toni sempre più torbidi, sembra rivelare un intreccio tra abusi di potere, utilizzo di contatti nelle alte sfere e violazione della privacy, configurandosi come un vero e proprio piano volto a minare la credibilità di Britti e influenzare le decisioni legali. Pravadelli, galvanizzato dalle sue risorse e appoggi, conclude in una delle ultime conversazioni intercettate con un commento rivelatore:

“Se ci sono cose che emergono e che non vuole affrontare, le useremo. Ho fiducia, siamo nel pieno del nostro gioco. Ho già parlato con i nostri avvocati, saranno loro a trattare la resa finale”.

La narrazione di questa torbida storia si arricchisce con il passaggio (sulle carte prodotte dagli investigatori) dell’incontro tra Alex Britti e l’inviato di Striscia la Notizia, Vittorio Brumotti.

In questo scenario si inserisce anche un episodio particolare, in cui l’inviato di Striscia la Notizia Vittorio Brumotti si avvicina a Britti durante una festa. Dalla ricostruzione degli investigatori viene raccontato il fatto. Fingendo una conversazione amichevole, Brumotti riesce a coinvolgere Britti in un dialogo confidenziale e lo registra di nascosto. Il video di quella conversazione viene successivamente passato a una persona non identificata. La finalità dell’incontro appare sospetta, e gli investigatori iniziano a ipotizzare che il filmato possa essere utilizzato per danneggiare Britti ulteriormente, diffondendo stralci di quella conversazione privata per manipolare l’opinione pubblica.

Questo episodio viene descritto da Calamucci in una conversazione con Cornelli:

“Brumotti l’ha beccato in una festa… lo ha fatto parlare, sai, tra una battuta e l’altra, un po’ in confidenza. Alla fine, ha registrato tutto. E ora abbiamo quel materiale, una registrazione che può essere utile per ‘agitare’ un po’ Alex”.

Con il passare del tempo, si aggiungono episodi di sorveglianza e pedinamento che minano ulteriormente la serenità di Britti. Ogni mossa del cantante è monitorata e scrutinata, nella speranza di trovare un passo falso o una prova di condotta compromettente. Calamucci e Gallo sono infatti incaricati di verificare le frequentazioni di Britti e, se possibile, raccogliere prove di frequentazioni di ambienti discutibili. In una conversazione intercettata, Pravadelli chiede agli investigatori di tenerlo d’occhio in occasione di un concerto a Milano:

“Fatelo seguire, e se lo beccate in giro con qualche donnina o a fare qualche sciocchezza, dobbiamo essere pronti. Più cose abbiamo, più potremo usarle”.

Le intercettazioni rivelano anche l’insistenza di Pravadelli per ottenere l’informativa della Guardia di Finanza di Civitavecchia riguardante Britti. Pravadelli considera quel documento come l’arma decisiva per la trattativa:

“Se avessimo quel foglio, dimostreremmo che ha mentito, che non è affidabile. Anche solo un frammento basterebbe: l’avvocato può usarlo nella negoziazione e ottenere per Nicole quello che serve”.

L’attività di spionaggio è talmente ossessiva da lasciare poche zone d’ombra nella vita di Britti. La vicenda si arricchisce di dettagli sempre più inquietanti, come pedinamenti organizzati e controlli ripetuti. I resoconti delle conversazioni intercettate mostrano quanto la Equalize abbia agito sistematicamente per sfruttare ogni singola risorsa e per creare uno stato di pressione e tensione attorno a Britti.

Pravadelli conclude, in un’altra conversazione, ribadendo la fiducia nei suoi investigatori:

“Se ci sono cose che non vuole affrontare, le useremo. Ho già parlato con i nostri avvocati, e alla fine ci sarà la resa. È tutto nelle nostre mani”.