Gli strascichi della politica corrotta e collusa con la peggio specie di criminali e sciolta dall’inchiesta della Dda sta ancora “inquinando” le scelte che in paese saggio sarebbero già state prese da anni
APRILIA – Ad Aprilia si combatte una guerra che sembra mettere in contrapposizione due visioni del futuro del Lazio: da una parte, chi riconosce la necessità di risolvere un’emergenza rifiuti cronica; dall’altra, chi si trincera dietro vincoli paesaggistici che rischiano di far sprofondare la Regione nell’ennesima crisi istituzionale e ambientale.
La Regione Lazio, attraverso la sua Area Rifiuti, ha sottolineato la “strategica importanza della discarica di Sant’Apollonia”, proposta dalla società Frales.
Questo impianto, come ribadito, sarebbe una componente essenziale per garantire il fabbisogno impiantistico del Lazio, un territorio che da anni fatica a trovare soluzioni strutturali per lo smaltimento dei rifiuti urbani. Eppure, il progetto rischia di essere affossato da un vincolo paesaggistico che riguarda l’area denominata “Campagna Romana”, recentemente proposta come “di notevole interesse pubblico” dal Comune di Aprilia.
Il vincolo paesaggistico, introdotto con l’intenzione di tutelare il territorio, rappresenta di fatto un ostacolo alla realizzazione della discarica. Le norme tecniche del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) vietano, infatti, la costruzione di nuove infrastrutture in aree definite di “rilevante valore agrario”. Una protezione lodevole in teoria, ma che nel caso specifico si scontra con le urgenti necessità pratiche del Lazio: senza questa discarica, la Regione rischia di non avere sufficiente capacità impiantistica per lo smaltimento dei rifiuti fino al 2031, come previsto dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR).
Cosa significa tutto questo? La mancata realizzazione della discarica potrebbe portare a conseguenze gravi e su più livelli. In primo luogo, l’insufficienza impiantistica rischia di trasformare il Lazio in una regione costretta a esportare i propri rifiuti altrove, con un notevole aumento dei costi economici e ambientali. Inoltre, questa situazione potrebbe aggravare una procedura di pre-infrazione già avviata dalla Commissione Europea nel 2019. Se la capacità impiantistica non verrà ripristinata, l’Italia potrebbe trovarsi a dover affrontare una procedura di infrazione vera e propria, con pesanti sanzioni per lo Stato e la Regione.
Dietro questa opposizione c’è davvero la volontà di tutelare il territorio o si tratta di una forma di immobilismo che ignora le necessità collettive? Perché chi osteggia la discarica non propone soluzioni alternative realistiche? È facile invocare la salvaguardia paesaggistica, ma chi si assume la responsabilità di lasciare il Lazio in balia di emergenze cicliche e dell’incapacità di gestire i propri rifiuti? Non si tratta forse di un atteggiamento miope e irresponsabile?
Occorre ricordare che le battaglie feroci contro la Frales e l’imprenditore Fabio Altissimi sono state portate avanti da politici che sono al centro di una grande inchiesta giudiziaria sulle infiltrazioni mafiose-camorristiche e che hanno visto finire in carcere l’ex sindaco Lanfranco Principi e sul registro degli indagati il suo predecessore Antonio Terra (entrambi nella foto quando si danno il cambio, come definito dalla Direzione distrettuale antimafia, nel “sodalizio criminale”).
Occorre rimarcare il fatto che, se da una parte c’è la politica che vorrebbe trovare finalmente una via d’uscita dall’altra c’è l’inquietante presenza di dirigenti regionali che hanno trasformato l’area amministrativa in una lobby impenetrabile invece che una casa di vetro. Già! A quanto pare l’arresto della ex dirigente Flaminia Tosini e la successiva condanna in primo grado a 6 anni sembra non aver insegnato nulla.
La stessa Regione Lazio ha cercato di trovare un compromesso, chiedendo di rivedere la perimetrazione del vincolo paesaggistico o di integrare la normativa per consentire la realizzazione di impianti già in fase di autorizzazione. Un tentativo ragionevole che, tuttavia, potrebbe cadere nel vuoto a causa dell’ostinazione di chi continua a mettere i bastoni fra le ruote.
La discarica di Sant’Apollonia non è solo una questione locale: è un banco di prova per l’intero sistema di gestione dei rifiuti del Lazio. Continuare a frapporre ostacoli significa scegliere di lasciare la Regione nel caos, esponendo cittadini e amministrazioni a costi insostenibili e a problemi irrisolvibili.
Non possiamo permetterci di lasciare che il futuro venga sacrificato sull’altare di vincoli che, seppur nobili nelle intenzioni, rischiano di tradursi in un danno collettivo. È il momento di scegliere tra immobilismo e progresso, tra un’utopistica tutela del paesaggio e la gestione pragmatica di un problema che riguarda tutti. Il Lazio non può più aspettare.