ROMA – ‘Italia sotto mazzetta’ è il dossier sulla inchieste per corruzione che Libera ha censito dal 1° gennaio al 1 dicembre 2024: sono 48 le inchieste, con il coinvolgimento di 28 procure in 14 regioni, 588 le persone indagate.
Le regioni meridionali compreso le isole “primeggiano” con 20 indagini, seguite da quelle del Centro (16) e dal Nord (12). Prima il Lazio con 10 inchieste, seguita da Campania con 9 inchieste, la Lombardia con 7, Sicilia con 5 e Puglia con 4. In queste regioni si concentra il 74% delle inchieste.
Ci sono “mazzette” per finte vaccinazioni covid o per ottenere falsi titoli di studio, “mazzette” che hanno facilitato l’aggiudicazione di appalti per la gestione dei rifiuti o per la realizzazione di opere pubbliche o la concessione di licenze edilizie. Poi ci sono le inchieste per scambio politico elettorale e quelle relative alle grandi opere. In prossimità della Giornata Internazionale contro la Corruzione che si celebra domani 9 dicembre, Libera – informa un comunicato – ha scattato una fotografia sulla corruzione nel nostro Paese nell’anno in corso. “L’istantanea – rileva Libera – mostra un quadro allarmante: l’avanzata senza freni della corruzione in Italia. Da Torino ad Avellino, da Bari a Pozzuoli, da Palermo e Catania, da Milano a Roma, il 2024 è un continuo bollettino di ‘mazzette’ con il coinvolgimento di amministratori, politici, funzionari, manager, imprenditori, professionisti e mafiosi coinvolti in una vasta gamma di reati di corruzione”.
Libera ha censito da notizie di stampa 48 inchieste su corruzione e concussione, oltre quattro inchieste al mese. 588 sono le persone indagate per reati che spaziano dalla corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio al voto di scambio politico-mafioso, dalla turbativa d’asta all’estorsione aggravata dal metodo mafioso, dall’abuso di ufficio (fin quando era in vigore) al traffico di influenze illecite. Dall’analisi delle inchieste, ancora in corso e dunque senza accertamento definitivo di responsabilità, emerge una corruzione “solidamente” regolata, ancora sistemica e organizzata.
“Si tratta- commenta Francesca Rispoli, copresidente nazionale di Libera- di un quadro sicuramente non esaustivo, per quanto significativo. Da un lato, infatti la ‘liberalizzazione’ delle procedure di appalto e l’abrogazione dell’abuso d’ufficio hanno reso più difficile l’acquisizione di elementi probatori per la magistratura; dall’altro, le forme più insidiose di corruzione si fondano oggi su una formale legittimità degli atti pubblici piegati a potenti interessi privati, cui corrispondono contropartite smaterializzate (favori, appoggi politici, etc.), o anch’esse formalmente lecite, come i finanziamenti alle campagne elettorali. Una corruzione ormai ‘legalizzata’, di fronte alla quale l’azione repressiva è ormai impotente.”