Vite distrutte da arresti e un processo che si è chiuso con un nulla di fatto. L’associazione a delinquere non è stata dimostrata
VITERBO – Il processo sul presunto traffico illecito di rifiuti legato a Casale Bussi ha visto una significativa evoluzione.
Ieri, davanti al collegio del tribunale, sono cadute le accuse di associazione per delinquere, mentre altri reati, tra cui truffa, frode nella gestione dei rifiuti urbani e gestione abusiva di ingenti quantità di rifiuti, sono stati dichiarati estinti per prescrizione.
Il caso riguarda il filone “Ecologia Viterbo-Casale Bussi” della maxi inchiesta sui rifiuti “Vento di Maestrale“, che, circa dieci anni fa, scosse il capoluogo laziale.
L’inchiesta era partita con una serie di arresti avvenuti all’alba del 3 giugno 2015, tra cui quello di Francesco Zadotti, noto imprenditore del settore dei rifiuti ternano e oggi 78enne, che aveva il ruolo di “patron” dell’azienda coinvolta.
Il caso ruota attorno al traffico illecito di rifiuti, derivante dal mancato rispetto delle quantità di Cdr (Combustibile Derivato da Rifiuti) da inviare alla termovalorizzazione, che invece venivano stoccate in balle nel piazzale dell’impianto di Casale Bussi, un impianto non idoneo alla produzione di Cdr e in violazione delle prescrizioni, tutto per mantenere alti i guadagni.
Attualmente, gli imputati sono Daniele Narcisi, Massimiliano Sacchetti, Massimo Rizzo e Bruno Landi, mentre sono deceduti Gaetano Aita, rappresentante di Ria&Partners, e Paolo Stella, direttore tecnico di Ecologia Viterbo società di proprietà di Manlio Cerroni. È importante ricordare che, in un altro filone dell’inchiesta, quello su “Viterbo Ambiente“, tutti gli imputati, tra cui Ernesto Dello Vicario, Francesco Bonfiglio e Maurizio Tonnetti, sono stati assolti con formula piena.
Nel corso dell’udienza di ieri, il pubblico ministero Massimiliano Siddi ha chiesto l’assoluzione nel merito per tutti gli imputati, alla luce delle risultanze dell’istruttoria finora svolta, e ha proposto il non luogo a procedere per i reati prescritti.
Il collegio ha deciso di rinviare il processo al 16 maggio, per dare il tempo alle difese di discutere la richiesta di assoluzione. Nel frattempo, la parte civile Ama Roma S.p.A. ha chiesto di depositare ulteriore documentazione a sostegno delle proprie richieste.
Nel procedimento sono coinvolte ben 78 parti civili, tra cui società e amministrazioni pubbliche, che chiedono danni a Ecologia Viterbo, la ditta incaricata della gestione dei rifiuti. Le difese, durante il processo, hanno sottolineato come Ecologia Viterbo avesse inviato numerose comunicazioni a Comune e Regione a causa dei frequenti blocchi del termovalorizzatore di Colleferro. La crisi dei rifiuti a Roma, causata dalla chiusura della discarica di Malagrotta e dal decreto commissariale che obbligava l’impianto di Colleferro ad accogliere una quantità di rifiuti superiori alla capacità, sarebbe stata la causa principale del sovraccarico del sistema.
Le indagini erano partite proprio in seguito all’emergenza rifiuti di Roma, con 600 tonnellate di rifiuti al giorno conferite nell’impianto di Casale Bussi, creando gravi esuberi. Durante il periodo compreso tra il 2005 e il 2013, l’impianto non avrebbe mai prodotto la quantità di Cdr prevista dal contratto, ovvero il 25%, aumentando il sospetto di operazioni non autorizzate.