Civitavecchia – Port Mobility un lazzaretto, più malati che lavoratori. Pronti i licenziamenti

Secondo il board aziendale è stato fatto di tutto per evitare questo epilogo ma i lavoratori non hanno accettato compromessi

CIVITAVECCHIA – “Usciamo tutti sconfitti”. Con queste parole, il presidente di Port Mobility, Edgardo Azzopardi, ha descritto l’amaro epilogo della vertenza iniziata a fine settembre con l’avvio della procedura di licenziamento per 26 dipendenti.

La situazione si è aggravata dopo che l’assemblea dei lavoratori ha respinto l’accordo proposto dalla dirigenza per evitare i tagli. Oggi, durante l’ultimo incontro con la Regione Lazio e i sindacati, è stato ufficializzato il mancato accordo. Ora si procederà con la verifica del numero esatto degli esuberi – che potrebbe differire dai 26 inizialmente previsti – e l’invio delle lettere di licenziamento.

Nessun dietrofront, come forse qualcuno sperava: Port Mobility ha confermato che la procedura andrà avanti, nonostante un bilancio aziendale positivo, ma con prospettive lavorative giudicate “disastrose”. L’avvocato Azzopardi, visibilmente amareggiato, ha parlato di un vero e proprio “fallimento” per l’azienda. «Abbiamo fatto tutto il possibile per scongiurare questa ipotesi», ha spiegato, soffermandosi sulle cause che hanno portato a questa decisione. Tra queste, la nuova concessione quadriennale a Logiport Spa delle banchine 27, 28, 29 e 30, che ha determinato il trasferimento delle operazioni dell’armatore Grimaldi dalle banchine pubbliche gestite da Port Mobility a quelle private gestite da Logiport.

«La determinazione precisa degli esuberi non è ancora chiara; stiamo valutando alcuni aspetti anche con l’Autorità di Sistema Portuale (Adsp)», ha aggiunto Azzopardi, accompagnato dal consigliere di amministrazione Giacomo Taranto. «Certo è che siamo di fronte a una bocciatura clamorosa. Anche i sindacati avevano approvato l’accordo, che non toglieva nulla ai lavoratori, ma anzi introduceva delle premialità».

Il nodo principale, secondo quanto emerso, riguarda il nuovo sistema di turnazione. La proposta prevedeva il passaggio da tre giorni di lavoro seguiti da due di riposo, a sei giorni di lavoro con uno di riposo, alternati a settimane di cinque giorni lavorativi e due di riposo. Un cambiamento mirato a contrastare l’assenteismo, che in Port Mobility ha raggiunto una media del 12-15%, con picchi del 33%. L’azienda ha espresso dubbi sull’autenticità di molte malattie dichiarate dai dipendenti. «Questo cambio turno è pensato per ridurre l’assenteismo e aumentare la produttività», ha spiegato Azzopardi. «Inoltre, includeva una maggiore flessibilità con più lavoro in estate e meno in inverno, accompagnata da incentivi economici».

La situazione dipinta dalla dirigenza fa apparire Port Mobility più come un “lazzaretto” che come una società di operatori portuali, con un’incidenza di malati cronici difficili da giustificare. In questo scenario, Port Mobility si pone in competizione con Port Authority Security, storicamente tra le aziende con in passato la più alta percentuale di assenze per malattia in Italia e forse in Europa.