Montalto di Castro – Theo, il ragazzo che manca a tutti

Oggi i funerali del 27enne scomparso qualche giorno fa per un malore improvviso

Montalto di Castro si trova a fare i conti con un’assenza ingombrante, di quelle che mettono a disagio, che spingono a unire giudizi e rimorsi in un unico, confuso miscuglio di emozioni.

Theo Rossi aveva 27 anni. Era un ragazzo che si notava, anche se a volte avresti preferito non vederlo. Uno di quei giovani che fanno rumore, che disturbano il quieto vivere, ma che, in fondo, oggi mancano a tutti.

Manca anche a chi si affrettava a definirlo “un problema”, a chi non sapeva come relazionarsi a lui e sceglieva la strada più semplice, quella del giudizio. Eppure, in questi giorni, anche quelle voci hanno taciuto. Restano i bisbigli, le domande scomode che percorrono le vie del paese come un vento gelido. Perché Theo non c’è più, e con lui si è portato via qualcosa che apparteneva a tutti noi: la possibilità di cambiare le cose.

Un ritorno che fa paura

C’è un nome che aleggia tra i discorsi di questi giorni, ma nessuno vuole pronunciarlo chiaramente. L’eroina. È tornata? Forse non è mai andata via. Ha solo cambiato forma, facendosi più sottile, più sfuggente, ma altrettanto devastante. E con lei è tornata la paura. Una paura che Montalto aveva accantonato, illudendosi che fosse una ferita chiusa per sempre. Ma non è così.

Secondo la Relazione Europea sulle Sostanze Stupefacenti 2023, lo 0,33% della popolazione dell’UE, circa un milione di persone, ha fatto uso di oppioidi nel 2021. In Italia, il consumo di eroina e oppiacei è triplicato dal 2017, coinvolgendo 750.000 persone tra i 18 e gli 84 anni (1,4%) nel 2022. Numeri che non lasciano dubbi: siamo davanti a un ritorno di una piaga che credevamo archiviata.

L’eroina, o qualunque altra droga, non è mai solo una sostanza. È una risposta sbagliata a un bisogno profondo. È la via d’uscita per chi non trova altro modo di scappare da una realtà che non lo comprende. Theo, forse, cercava proprio questo: una via di fuga. E Montalto, come tante altre comunità, non ha saputo offrirgli un’alternativa.

“Era il tempo migliore e il tempo peggiore”

La storia di Theo sembra riassumere una frase di Charles Dickens, tratta da Le due città: “Era il tempo migliore e il tempo peggiore, l’età della saggezza e l’età della stoltezza, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità”. Per i giovani di oggi, il tempo è insieme pieno di promesse e vuoto di sostanza. Un futuro fatto di illusioni, che nasconde trappole ovunque.

Theo non era perfetto, e nessuno pretendeva che lo fosse. Era un ragazzo con i suoi errori, le sue fragilità, i suoi momenti difficili. Ma era anche un ragazzo che aveva diritto a essere capito, aiutato, sostenuto. E se oggi manca a tutti, è perché nella sua assenza vediamo riflesso il nostro fallimento.

Le responsabilità di una comunità

Una comunità che non riesce a proteggere i suoi giovani è una comunità che sta fallendo. È facile puntare il dito contro i ragazzi, definirli “sbandati”, “problematici”, “senza speranza”. Più difficile è fare i conti con le proprie responsabilità. Perché una comunità dovrebbe offrire alternative, creare spazi sicuri, opportunità reali, un futuro che valga la pena di essere vissuto. Ma siamo stati capaci di farlo?

Theo non c’è più, ma altri mille Theo sono qui, in mezzo a noi. E meritano di essere visti, ascoltati, salvati. La domanda è: saremo in grado di farlo? O lasceremo che il vuoto di Theo si ripeta, ancora e ancora?

Troppo tardi? Forse no

Non è facile. Non c’è una soluzione rapida o indolore. Ma se davvero vogliamo impedire che ci siano altri Theo, dobbiamo agire adesso. Montalto deve scegliere se vuole essere una comunità che guarda avanti o una che si arrende al proprio passato. Deve scegliere se il dolore per Theo sarà solo un ricordo o un punto di partenza.

Perché forse siamo ancora in tempo. E se non lo siamo, non abbiamo comunque il diritto di smettere di provarci. Theo, con la sua vita breve e complicata, ci ha lasciato un compito. Sta a noi decidere se raccoglierlo.