L’ex chiesa, di proprietà privata e risalente al XIII secolo, continua a crollare pezzo dopo pezzo, rappresentando una ferita sanguinante nel cuore del centro storico e un grave pericolo per i cittadini
VITERBO – Mura pericolanti, tetto franato da tempo e ora alberi che vi si poggiano aumentandone pericolosamente il carico. L’ex Chiesa di Santa Croce, in precedenza chiamata Chiesa di Santo Spirito e risalente al medioevo, continua a giacere nel totale abbandono da tempo immemore.
Le ultime notizie sulla proprietà della struttura, al quale era addossato un tempo uno degli ospedali più antichi della città di Viterbo (risalente a prima del 1200, come riporta Andrea Scriattoli nel suo celebre libro “Viterbo nei suoi monumenti), la legano a una società con base norvegese, la Steinar Moe Eindom di Kristian Moe, che negli scorsi anni aveva anche fatto sapere di volerla recuperare per riconsegnare alla città il suo enorme valore storico-artistico.
Un progetto sicuramente naufragato, come sottolineano i vari anni passati.
La chiesa, tra le sue ricchezze, mostra alla città anche l’unico campanile triangolare. Un valore aggiunto non indifferente, che tuttavia potrebbe crollare da un momento all’altro sotto gli occhi dell’ennesima amministrazione e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale.
Già agli inizi del ‘900, Scriattoli si riferiva alla Chiesa come “abbandonata a fatiscente”, non mancando di riportarne i ricchissimi dettagli. “Ha il soffitto decorato e sugli stipiti della porta mostra degli ornati a candeliera trattati con vivacità, ma con poca finezza, e la data 1530. Molto più antico è invece l’architrave nel quale sono arcaicamente effigiate le teste del Salvatore con alcuni apostoli”.
Parte della memoria della Chiesa è inoltre ricordata dal giornalista Mauro Galeotti nella sua Viterbo Illustrissima. “Prese, poi, il nome di santa Croce quando, nel 1400, vi si stabilirono i Padri Crociferi. Giuseppe Signorelli li colloca nella chiesa dal 1436 e li cita ancora nel 1473. A quest’ultimo anno, il medesimo storico afferma che risaliva una tavola, ormai perduta, opera di Francesco d’Antonio, detto il Balletta, eseguita su incarico del priore della chiesa”.
Nel medesimo tomo, Mauro Galeotti sottolinea come già all’epoca della pubblicazione (2002), la chiesa fosse abbandonata da tutto e tutti. “Oggi la chiesa è in assoluto stato di abbandono, da Premiata fabbrica di fiammiferi in cera e legno della Ditta Ascenzi, che in una cartolina del 1907 trovo sotto la denominazione Unione industriale fiammiferi-Milano – già Ascenzi Viterbo, fu adibita a centro di raccolta per carta da macero. E a proposito, assieme a mio padre Vinicio, negli anni ’60 e ’70, ho potuto raccogliere centinaia e centinaia tra documenti, manifesti, libri e opuscoli, portati alla certa distruzione da vari enti pubblici e privati. Per l’incuria, in questi ultimi anni è crollata la parte anteriore del tetto della chiesa, lasciando scoprire all’interno le due grandi colonne che sostengono la capriata che, a sua volta, sorregge con precarietà il tetto. Il soffitto aveva le pianelle decorate con fiori riprodotte in un disegno da Andrea Scriattoli”.
Una storia, quella di Santa Croce, che dovrebbe far riflettere ogni passata e futura amministrazione sull’importanza di tutelare i beni storici della città di Viterbo (e la sicurezza dei cittadini che vi passano intorno, accedendovi anche illegalmente all’interno), quando chi ne ha il possesso non è in grado (o non è più interessato).
La manifestazione del possibile acquisto della chiesa, da parte del Comune, potrebbe effettivamente essere un segnale importante per un’amministrazione che vuole rimettere Viterbo e il suo inestimabile centro storico al centro dei propri pensieri.