Sette minuti prima dell’uscita con gli scatoloni ha vergato una serie di provvedimenti disciplinari contro diversi dirigenti dell’AdSP ma, purtroppo per lui, era già carta straccia
CIVITAVECCHIA – L’ultimo, goffo colpo di coda di un uomo sconfitto che non si rassegna alla propria uscita di scena. L’ex segretario generale dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, Paolo Risso, ha chiuso il suo mandato nel peggiore dei modi, con un gesto che sa di ripicca e che ha sollevato solo incredulità e sdegno.
Il 14 febbraio scorso, alle ore 14:23, esattamente sette minuti prima della scadenza del suo incarico, Risso ha vergato una serie di provvedimenti disciplinari contro diversi dirigenti dell’AdSP, tra cui coloro che, in questa fase di transizione, avrebbero potuto ricoprire temporaneamente il suo ruolo.
Un atto tanto assurdo quanto inutile, un tentativo disperato di lasciare un segno – o meglio, di seminare caos – prima di uscire definitivamente di scena.
Un epilogo amaro per un rapporto fiduciario che si era già deteriorato ben prima della scadenza naturale del mandato. Nominato dall’allora neo-presidente, oggi commissario straordinario, Pino Musolino, Risso ha ben presto intrapreso un percorso solitario, entrando in rotta di collisione con l’intero sistema marittimo di Civitavecchia e non solo. Ma il colpo di teatro finale è stato senza dubbio il più patetico: provvedimenti disciplinari motivati da fatti risalenti agli ultimi mesi e addirittura a situazioni pregresse, mai contestate prima. Una mossa palesemente pretestuosa, un tentativo maldestro di bloccare ogni possibile successione temporanea al suo ruolo e di complicare la macchina organizzativa dell’ente.
Ma se l’intento era quello di lasciare un’eredità velenosa, l’operazione si è rivelata un totale fallimento. Il commissario straordinario Pino Musolino ha immediatamente vanificato ogni azione di Risso, inviando una PEC a tutto il personale con cui ha dichiarato privi di valore tutti gli atti o le note prodotte dall’ex segretario generale. Un’ulteriore umiliazione per Risso, che ha visto i suoi provvedimenti ridotti a semplice carta straccia nel giro di poche ore.
Un finale davvero misero, soprattutto considerando che lo stesso Risso, prima di abbandonare la scena, si era ben guardato dal farsi mancare nulla: nell’ultimo bilancio, si era infatti aumentato lo stipendio da 150 a 185 mila euro annui, con un ulteriore bonus extra di 30 mila euro, arrivando a guadagnare più dello stesso presidente con una busta paga complessiva di 215mila euro. Un paradosso che rende ancora più grottesca la sua caduta.
A tutto questo si aggiunge il suo accanimento contro la PAS (Port Authority Security) e il blocco del bando di gara per il nuovo servizio di navettamento all’interno del porto, decisioni che hanno ulteriormente minato la sua già scarsa credibilità. Ma il vero colpo di grazia per Risso è arrivato dalla politica, che lo ha rapidamente liquidato senza alcuna prospettiva di nuovi incarichi di rilievo, costringendolo a tornare al suo vecchio ufficio di Lazio Innova.
Insomma, una pessima uscita di scena per un ex segretario che ha cercato fino all’ultimo di condizionare gli eventi, senza rendersi conto che il suo tempo era ormai finito. E nel peggiore dei modi.