Viterbo e la sua Storia – La Chiesa di Santa Maria in Gradi, la “fenice” della Tuscia

Pochi conoscono la millenaria storia di quella che è probabilmente la chiesa più grande di Viterbo, una storia costellata di eventi storici tragici ma anche rinascite, che rendono il luogo il simbolo della resilienza dei viterbesi e della loro tenacia

VITERBO – Sono pochi i monumenti che, come la Chiesa di Santa Maria in Gradi possono davvero rappresentare la resilienza di Viterbo e dei Viterbesi. Edificata, colpita da numerosi eventi avversi, ma sempre ricostruita, Santa Maria in Gradi e il suo convento annesso, oggi sede del Rettorato dell’Università degli Studi della Tuscia, sono sempre risorti dalle proprie ceneri.

Se ne torna a parlare in questo mese di febbraio 2025, dopo che il Governo Meloni e la Soprintendenza hanno annunciato che la Chiesa sarà restaurata grazie a un investimento di oltre 8 milioni di euro che permetterà a cittadini e turisti di tornare a usufruirne entro il 2026. Un’operazione che proseguirà nei prossimi tre anni e che consentirà, tra l’altro, di riqualificare completamente lo spazio preservandone la meraviglia architettonica e storica.

Ma in quanti possono dire di conoscere la storia di questo meraviglioso sito, uno dei veri simboli della città di Viterbo?

La Chiesa di Santa Maria in Gradi venne fondata nel lontano 1215 dal Cardinale Raniero Capocci, che pare ebbe l’idea dopo un sogno in cui gli apparve la Madonna. Tuttavia, la chiesa e il convento annesso vennero quasi distrutti da un nubifragio nel 1246, un primo di tanti eventi nefasti che, tuttavia, non ridussero la magnificenza della grandissima struttura.

Qualche anno prima, già nel 1233, papa Gregorio IX si rifugiò nel convento di Gradi. Un primo preludio – forse – alla futura “trasformazione” di Viterbo in “Città dei papi“, cosa che avvenne solo nel 1257. Quello era anche l’anno di nascita di Rosa da Viterbo, successivamente e ancora oggi ricordata da tutti i viterbesi come Santa Rosa.

La Chiesa di Santa Maria in Gradi, ricostruita prontamente dopo l’alluvione del 1246, anche grazie all’intercessione di papa Innocenzo IV, nel 1258 e venne consacrata da papa Alessandro IV. Un ulteriore segnale del grande prestigio del luogo, nonostante questo sorgesse al di fuori della storica cinta muraria della grande città.

300 anni dopo, nel 1527, la chiesa e il convento non furono risparmiati dai saccheggi e dagli incendi dei lanzichenecchi inviati dall’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V. Viterbo fu uno dei molti centri messo a ferro e fuoco dalle truppe tedesche prima di raggiungere la Città Eterna, dove avvenne il noto Sacco di Roma nel medesimo anno.

Trascorsi altri due secoli, nel 1724, il pontefice domenicano Benedetto XIII ( al secolo Pietro Francesco Orsini), visitò Gradi, come attesta  anche una lapide ancora oggi visibile. Probabilmente in occasione della visita del pontefice, la situazione dell’antico cenobio e soprattutto della chiesa dovette apparire bisognosa di un intervento radicale tanto che nel 1737 la chiesa venne restaurata dall’architetto romano Niccolò Salvi, lo stesso ideatore della Fontana di Trevi. Tuttavia, solo pochi anni dopo, nel 1744, fu ancora una volta devastata da soldati, stavolta quelli dell’esercito austriaco, impegnati nella guerra di successione che coinvolse molti stati europei.

Da quel momento la chiesa non riottenne pienamente il ruolo di luogo religioso e infine, nel 1944, i bombardamenti della Seconda guerra mondiale la distrussero quasi totalmente insieme a molte altre zone di Viterbo. Il colpo di grazia, tuttavia, avvenne per mano di eventi metereologici avversi, in particolare alla abbondante nevicata del 1956, che fece crollare gran parte del tetto che era sopravvissuto alle bombe.

Santa maria in Gradi, dettaglio interno dopo bombardamenti II Guerra Mondiale, archivio fotografico Mauro Galeotti

Nel mentre, tra il 1873 e il 1993, l’annesso Convento di Santa Maria in Gradi venne convertito in carcere. La Chiesa, invece, venne in parte recuperata grazie ai restauri condotti dalla Soprintendenza  sotto la direzione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (MiBACT) a partire dal 1994 con uno stanziamento iniziale di 10 miliardi delle vecchie lire. Il complesso aveva da poco cambiato destinazione d’uso accogliendo il Rettorato dell’Università degli Studi della Tuscia e, ai tempi, si pensava di riconvertire la chiesa storica in Aula Magna, progetto che – purtroppo – non vide mai luce e la struttura divenne una delle tante opere incompiute sparse in tutta Italia.

Nel 2001, però, due nuovi incarichi ad altrettanti architetti della Soprintendenza per un totale di 3 milioni di euro, riavviarono i lavori, portando anche alla successiva richiesta di 1,4 milioni di euro per la verifica della vulnerabilità sismica (che sarà terminata entro il 2025).

Nel 2025, infine, arrivano i fondi necessari al restauro vero e proprio della chiesa di Santa Maria in Gradi, che sarà aperta al pubblico alla fine del 2026. Si tratta di ben 7,2 milioni stanziati dal governo Meloni e 1,2 milioni dalla Soprintendenza.

I lavori cominceranno alla fine di quest’anno (2025) e l’obiettivo finale è quello di trasformare la struttura in un luogo polifunzionale, in grado di accogliere studenti, cittadini e turisti. L’operazione sarà suddivisa in tre fasi: il consolidamento (che consentirà l’apertura al pubblico); le opere che serviranno a creare lo spazio polifunzionale (edilizia, impiantistica, acustica e arredi); gli interventi di restauro (che andranno avanti nel tempo, coinvolgendo anche gli studenti).

Complesso di Santa Maria in Gradi nel 1900, archivio fotografico Mauro Galeotti

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