Inspiegabile la posizione di Confindustria pesantemente bocciata dal MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica)
Una settimana fa, sul sito istituzionale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), sono state pubblicate le “Indicazioni in merito a interpello ex art. 3-septies del D. Lgs 152/2006 relativo a chiarimenti in materia di pretrattamento dei rifiuti urbani indifferenziati” (consultabili qui: MASE).
Di cosa si tratta?
Traducendo dal burocratese, la questione si può riassumere così:
Lo scorso settembre, Confindustria ha presentato tre quesiti relativi alla possibilità che gli impianti di trattamento meccanico (TM) possano continuare a trattare i rifiuti urbani indifferenziati (codice EER 20.03.01), anche se privi di una sezione di stabilizzazione biologica. Quest’ultima è una parte essenziale degli impianti TMB (Trattamento Meccanico Biologico), necessaria per neutralizzare la frazione organica residua presente nei rifiuti.
Un passo indietro: la spy story dei TMB
Per comprendere il contesto, torniamo indietro di qualche anno. Tra il 2016 e il periodo successivo, nel Lazio si sono verificati incendi sospetti in diversi impianti strategici di trattamento meccanico-biologico (TMB), causando ripetute emergenze e mettendo in crisi il sistema regionale di gestione dei rifiuti.
Di fronte a questa situazione, la Regione Lazio non ha sfruttato appieno gli impianti TMB rimasti operativi, ma ha invece autorizzato o potenziato numerosi impianti TM, proliferati tra la provincia di Roma e Latina. Questo, nonostante la Regione sapesse – anche per via della dirigente dell’epoca, Flaminia Tosini (poi coinvolta in vicende giudiziarie insieme all’imprenditore Valter Lozza) – che l’Italia era appena uscita da una procedura d’infrazione avviata dalla Commissione Europea nel 2011 e conclusasi con una condanna nel 2014.
L’Unione Europea ha infatti stabilito che il trattamento meccanico senza stabilizzazione biologica è dannoso per la salute e per l’ambiente, poiché i rifiuti così trattati, una volta smaltiti in discarica, producono effetti nocivi come emissioni odorigene, gas serra e percolati pericolosi.
La domanda di Confindustria: un quesito inspiegabile
La prima perplessità nasce proprio dal fatto che Confindustria abbia posto un quesito su una pratica vietata da oltre un decennio. Perché rimettere in discussione ora una questione già chiusa, che ha già comportato una condanna europea e numerose sentenze dei tribunali italiani?
La risposta del Ministero: una bocciatura netta
La replica del MASE non lascia spazio a interpretazioni e contiene anche una dura critica: Confindustria non ha fornito elementi chiari sui quesiti posti (tradotto in romano: “Ma che state a dì?”).
Nel merito del primo quesito, il Ministero ribadisce che gli impianti di trattamento meccanico e biologico devono necessariamente stabilizzare la frazione umida separata con il trattamento meccanico.
Sugli altri due quesiti, il MASE è ancora più tranchant:
- Il secondo quesito, relativo alla modifica del codice EER dei rifiuti dopo il trattamento meccanico, è smentito con il richiamo alle linee guida ISPRA e alla normativa vigente. Un avvertimento implicito: alterare la classificazione dei rifiuti potrebbe configurare un traffico illecito.
- Il terzo quesito è stato addirittura dichiarato irricevibile perché giuridicamente incomprensibile (tradotto sempre in romano: “meglio che non ti rispondo, se semo capiti“).
Perché esporsi alla pubblica bocciatura?
Sorge spontanea una domanda: perché Confindustria ha sollevato una questione così fragilmente argomentata, esponendosi a una severa reprimenda ministeriale?
Un’ipotesi potrebbe essere legata alla situazione di un impianto TM di Cisterna di Latina (Refecta), riconducibile alla famiglia Traversa, attiva da anni nel settore dei rifiuti e con trascorsi giudiziari in materia ambientale. Proprio in quel periodo, la Regione Lazio stava riesaminando l’autorizzazione di questo impianto.
Nel corso della procedura (consultabile qui: Regione Lazio), ARPA Lazio ha segnalato che l’impianto Refecta non è dotato della sezione di stabilizzazione biologica, violando le migliori tecniche disponibili (BAT). Di conseguenza, non potrebbe trattare i rifiuti urbani indifferenziati.
La soluzione? Investire milioni di euro per adeguarsi, come hanno fatto o stanno facendo altri impianti TM. Nel frattempo, Refecta dovrebbe interrompere il trattamento meccanico dei rifiuti urbani.
La risposta della Regione Lazio: occhi chiusi e via libera
E qui entra in scena la Regione Lazio. Ha vietato a Refecta di proseguire l’attività non conforme? No.
Invece, ha accettato la promessa dell’azienda che la stabilizzazione avverrà in un altro impianto, la Crea s.r.l., che però esiste solo sulla carta. Nonostante ciò, la Regione sembrerebbe intenzionata ad autorizzare Refecta a proseguire con il trattamento meccanico dei rifiuti indifferenziati, in aperto contrasto con la normativa UE e il parere del MASE.
La lingua degli Aymara: il futuro al posto della negazione
I titolari di alcuni impianti TM sembrano adottare la logica degli Aymara, un popolo andino che non ha la negazione nel proprio linguaggio e la sostituisce con il futuro. Così, al posto di dire “non ti pago”, dicono “ti pagherò”.
Allo stesso modo, al posto di “mi adeguo subito”, questi impianti rispondono “mi adeguerò”… un giorno. Nel frattempo, con la complicità silenziosa della Regione Lazio, continuano indisturbati a operare secondo modalità dichiarate illecite già 11 anni fa.
Un’indagine necessaria?
Forse sarebbe il caso che qualcuno si chiedesse perché la Regione Lazio continua a chiudere un occhio. La questione potrebbe meritare l’attenzione degli inquirenti. A meno che, ovviamente, anche loro non parlino la lingua degli Aymara…