Viterbo – La viticultura dal medioevo ad oggi nel viterbese: curiosità e rimedi presentati da docenti Unitus

VITERBO – Vino e  produzione vitivinicola tra passato e presente. Se ne è parlato all’incontro organizzato l’11 marzo dal circolo culturale “Excursus”, ex-docenti dell’Università degli Studi della Tuscia, nell’ambito del Progetto Cibus.

A moderare l’incontro il prof. Gabriele Anelli che ha dato la parola a Andrea Bellincontro, professore di enologia all’Unitus.

“La vitivinicoltura si sta adeguando ai cambiamenti climatici e con essa anche le normative.
La presenza dell’uomo ha intensificato le emissioni di gas definiti “clima alteranti”, come il co2, uno dei principali, generato da combustibile fossile per il 73% e dalla deforestazione per il 24%, con l’Italia che per sua posizione nel Mediterraneo è un hot spot”.

L’impennata di questi gas nocivi per ambiente e salute è stato determinante negli ultimi 70 anni.

“Il riscaldamento globale si basa sull’antropizzazione –  continua il docente – ha effetti sulla salute umana, sull’ambiente con lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello del mare, sulla diminuzione di biodiversità e sui costi delle produzioni agricole”.

Surriscaldamento che si fa sentire anche sulle superfici vitate.

“Si è alzato il tenore alcolico medio dei vini a livello mondiale. L’ anticipo della maturità tecnologica con accumulo di zuccheri e quindi alcol, non è accompagnato da maturità fenolica e aromatica. Gli acini si disidratano anticipatamente e già da agosto si deve raccogliere uva”.

Le cultivar più resistenti, non solo al caldo, ma anche a gelate tardive.

“Si può intervenire scegliendo un vitigno tollerante, ci sono varietà resistenti a fenomeni di cambiamento del clima e agenti patogeni, cultivar che si adattano, anche perché andiamo verso tipologie di vini che si perfezionano in cantina”.

Di pratica vitivinicola nel medioevo ha parlato il prof Alfio Cortonesi, già professore di storia agraria e medievale presso l’Unitus,

“Nella prima metà del XIV secolo, grazie alla spinta demografica, assistiamo a Viterbo e nell’Alto Lazio ad un’espansione delle coltivazioni di seminativi e vigne con conseguente arretramento di superfici boschive. Vigne urbane, frammiste a orti erano presenti all’interno delle mura e intorno al rivo del Sonza che divideva la città.

Bolsena, Gradoli, Montefiascone erano un reticolo di vigne, una viticultura di sussistenza ecco perché i residenti supplicarono papa Innocenzo VI di vietare l’importazione di vini stranieri”.

Vendemmia in vigna

“Vasche o torcularie (foto sopra) disposte a coppia sono state rinvenute a Bomarzo località s. Cecilia, ma nel viterbese sono state rinvenute oltre 100, qui all’interno delle vigne si iniziava a vinificare. la vigna era soggetta a tre zappature, dalla primavera alla prima estate. L’ avvio della vendemmia era stabilito dalle autorità cittadine ed era vietato farlo prima.

Per chi profanava una vigna, gli statuti cittadini prevedevano il taglio di ambedue le mani, mentre a Bagnoregio solo di quella destra. L’agricoltura arriva sul mercato e passa da domestico assistenziale a gestione diretta a contratti indiretti di breve durata”.

Il 1400 e i suoi vini

“Nella seconda metà del ‘400 abbondano i vini in città e provincia, la produzione di Moscato Trebbiano e Vernaccia era copiosa e non si acquistavano vini forestieri, nasce il commercio vinicolo nelle taberne e nelle case con l’avvio di piccole società”.

Le tasse tartassavano il popolo

“Osti, mugnai e macellai non avevo la fiducia delle autorità cittadine, i controlli erano costanti e i messi comunali arrivavano ad ispezionare ogni singola bottiglia” ha concluso il prof Cortonesi.