Civitavecchia – Nomine presidenti delle autorità portuali, il dado sembra essere (quasi) tratto

Tra spartizioni opache, nomine discutibili e giochi interni ai partiti, il centrodestra si conferma impreparato sul fronte portuale. Mentre i porti italiani attendono figure competenti, Fratelli d’Italia si perde in logiche di potere, ignorando il merito e premiando appartenenze traballanti. La Lega fa il pieno al Nord, Forza Italia tratta sul Sud, e il resto è un puzzle di nomi tecnici e imposizioni calate dall’alto. Il settore vale punti di PIL, ma sembra ancora ostaggio di beghe da segreteria

di Paolo Gianlorenzo

CIVITAVECCHIA – Dopo mesi di discussioni più o meno pubbliche, di interventi da parte dei vari cluster marittimi — tutti sostanzialmente favorevoli a scelte che premiassero figure competenti e con una solida conoscenza del mondo portuale — la griglia con i nomi dei presidenti delle 14 Autorità di Sistema Portuale da rinnovare è stata illustrata dal viceministro Edoardo Rixi, che ha piena delega sui porti, al ministro Matteo Salvini.

Quest’ultimo ha dato avvio alla prima richiesta di intesa con la regione di riferimento, in questo caso la Liguria, cominciando dal porto più importante e complesso: quello di Genova.

È vero che la griglia in questione, finora, è sembrata scritta con l’inchiostro simpatico, ma visto che ora si passa agli atti ufficiali, non ci si può esimere da alcune considerazioni.

La prima, evidente, è che il centrodestra continua a dimostrare scarsa dimestichezza con le dinamiche delle banchine portuali.

Pino Musolino

La difficoltà nel definire la griglia dei presidenti non sembra infatti dovuta alla necessità di selezionare tra una moltitudine di candidati qualificati, in grado di coniugare “comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale” con una vicinanza — se non appartenenza — ai partiti della maggioranza. In particolare: mentre la Lega, con Rixi, ha giocato da playmaker, pur tra tutte le difficoltà del caso, e Forza Italia ha circoscritto il proprio raggio d’azione alla Sicilia (dove esprime il governatore) e al Sud, cercando di indicare almeno un presidente, l’impostazione di Fratelli d’Italia risulta di difficile lettura.

A partire da chi ne sia stato il regista: inizialmente se ne è occupato Galeazzo Bignami, in qualità di viceministro al MIT, seppure con delega al trasporto aereo. Poi, dopo la sua nomina a capogruppo di FdI alla Camera, è tornato ad occuparsene, come in passato, Francesco Lollobrigida. Il ministro dell’Agricoltura, del resto, è abituato a lavorare su candidature e nomine, soprattutto per il Lazio.

Massimiliano Grasso

Stavolta, però, la scelta per i porti di Roma (Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta) non è ricaduta su una figura locale o del partito regionale, ma su un veronese: Matteo Gasparato, presidente dell’interporto di Verona. Esperto di logistica e da anni al vertice dell’Unione Italiana degli Interporti, non si è mai occupato direttamente di porti, non conosce la realtà di Civitavecchia e, a ben vedere, non è nemmeno un esponente diretto di Fratelli d’Italia. Fa politica da oltre dieci anni a Verona, dove ha iniziato con Forza Italia per poi fondare la lista civica Verona Domani, di cui è ancora presidente.

Quale sia la logica dietro lo sradicamento di Gasparato dal Veneto — alla vigilia delle regionali — togliendolo dalla guida del primo interporto italiano per destinarlo a Civitavecchia, leader nel traffico crocieristico ma non certo in quello logistico, non è chiaro. Soprattutto considerando che il partito, a livello locale, provinciale e regionale, si era espresso compatto a favore di Massimiliano Grasso: capogruppo ed ex candidato sindaco di FdI a Civitavecchia, da vent’anni funzionario dell’Autorità Portuale e rappresentante della stessa AdSP in una delle commissioni Espo, l’organizzazione dei porti europei.

Pare che qualcuno voglia far pesare a Grasso la sconfitta al ballottaggio delle ultime amministrative, quando il centrodestra (con Forza Italia che corsa da sola e contro) si presentò diviso. Poco importa che oggi, sotto la guida di Grasso — candidato in extremis a pochi giorni dalla chiusura delle liste — sia tornata l’unità nel partito e nella coalizione. Fatto sta che il giornalista, meloniano della prima ora, non sarebbe stato preso in considerazione nemmeno per la carica di segretario generale, nonostante i requisiti richiesti siano gli stessi del presidente.

Così, mentre per la prima casella è intervenuto direttamente il Governo, ignorando anche l’ipotesi — per certi versi più semplice — della riconferma dell’ottimo presidente uscente Pino Musolino che in quattro anni è stato capace di riportare in attivo un porto dilaniato dalla gestione precedente e ridotto ai minimi termini, la seconda è stata lasciata alla Regione Lazio. Qui il presidente Francesco Rocca starebbe pensando a Fabrizio Urbani, direttore generale dell’Ater di Viterbo (noto più per le assenze che per i risultati) e, soprattutto, fratello del deus ex machina della sanità laziale, Alessandro Urbani. Anche in questo caso, sarà l’Anac a verificare il possesso dei requisiti richiesti dalla normativa.

Ma se il Lazio fa notizia, in quanto regione simbolo di Fratelli d’Italia, la situazione non è poi così diversa altrove. Bignami avrebbe inizialmente puntato sui porti di Ravenna (dove però la recente sconfitta alle regionali ha reso difficile ottenere un presidente in quota centrodestra, vista la minoranza in Comitato di Gestione) e La Spezia, dove si era fatto il nome dello stesso Gasparato. Ma la reazione contraria del cluster portuale ha orientato la scelta verso un esponente degli operatori: il doganalista Bruno Pisano.

Altre nomine in quota Fratelli d’Italia, nella griglia, non sembrano essercene, in attesa di capire ad esempio chi sarà indicato per la Sardegna — feudo del presidente della Commissione Trasporti della Camera, Salvatore “Sasso” Deidda. Per ora si parla, come possibile “quota rosa”, di Federica Montaresi, attuale segretario generale e commissaria di La Spezia, una figura tecnica.

A meno di nuovi equilibri, come per esempio sul porto di Venezia (che potrebbe rientrare in gioco in funzione delle scelte future del governatore Luca Zaia e l’eventuale indicazione di Gasparato per la laguna apparirebbe molto più sensata rispetto alla sua destinazione a Civitavecchia)ad oggi, lo scenario sembra delinearsi così: un “all in” della Lega per i porti del Nord (escluso Ravenna in quota rossa), alcuni scali come Livorno e Bari al centrosinistra, almeno due porti del Sud a Forza Italia — con un terzo da definire — e il resto suddiviso tra FdI e nomi tecnici non immediatamente riconducibili a forze politiche.

Un quadro che, comunque lo si osservi, evidenzia la necessità, per il primo partito italiano, di strutturarsi meglio in un settore cruciale come quello portuale, che da solo vale diversi punti di PIL.