Illustrazione e testo a cura di Giancarlo Chiariglione
In questi mesi nei quali ricorrono gli anniversari delle nascite di noti attori romani come Mario Brega (all’anagrafe Florestano Brega, Roma, 25 marzo 1923 – Roma, 23 luglio 1994), e Milena Vukotic (Roma, 23 aprile 1935), protagonisti di tanto cinema popolare italiano di grande successo dal punto di vista delle critica e degli incassi.
Quando, in modo emblematico, Carlo Verdone denuncia l’incuria in cui versano i teatri, le sale cinematografiche ridotte a latrine e la trasformazione delle città d’arte del Bel Paese, in primis di Roma [1], in entità turistico-culinarie, volgiamo lo sguardo a quella vera e propria invasione di super eroi del modernissimo cinema hollywoodiano, la quale, per dirla “alla Wenders”, ha oramai colonizzato il nostro inconscio[2].
Il cinema americano, infatti, da sempre, non fa altro che riflettere sui dati del reale, e in questa fase di portentose trasformazioni tecnologiche, i super eroi, nati in forma di fumetto e poi diffusisi rapidamente in altri habitat espressivi (radio, televisione, appunto cinema ma anche giochi da tavolo e videogiochi), ci comunicano l’avvento di un’epoca nella quale l’immaginario si presenta più veritiero, più importante, della realtà medesima.
Già studiosi e ricercatori avevano evidenziato come le caratteristiche di Superman lo rendessero quasi una metafora del cinema stesso, dato che i suoi poteri e la sua peculiarità di dissimularsi tra la gente comune una volta smessi i costumi sgargianti del super uomo, sembrano rappresentare simbolicamente la proiezione di un desiderio capace di realizzarsi in maniera illimitata. A lungo, i limiti tecnici del cinema hanno impedito di sviluppare appieno la forza del succitato desiderio, ma adesso i super eroi sono finalmente in grado di materializzare l’idea macluhaniana secondo cui la settima arte e i mass media in generale (da intendersi come mezzo tecnologico) hanno ormai raggiunto una così grande perfezione e potenza da rendere secondari, spesso quasi ininfluenti, i contenuti di volta in volta veicolati.
Il ciclo vitale di personaggi come Superman, Hulk, Thanos o Batman, esattamente come quello dei mass media, infatti, amplia continuamente i confini, si esprime con modalità sempre nuove; stimola la polivisione dello spettatore contemporaneo. Il quale, ormai globalizzato, vive in una sorta di “società facciale” che possiede la prerogativa di produrre volti (e appunto personaggi) senza sosta. Tanto che noi stessi, volti anonimi, siamo ormai diventati consumatori voraci di volti più o meno celebri.
In tal senso, sono lontani i tempi nei quali i cineasti italiani, guidati dal Maestro Leone mostravano sugli schermi di tutto il mondo attori fisicamente “torreggianti”, dalla consistenza granitica e dalle maschere naturali, ben rappresentati da Clint Eastwood, Lee Van Cleef o, appunto, da Mario Brega (si pensi al personaggio di Chico in Per un pugno di dollari, di El Niño in Per qualche dollaro in più e del caporale dell’esercito nordista Wallace in Il buono, il brutto, il cattivo). Figlio dell’ex atleta olimpico Primo, Brega, che aveva debuttato come caratterista con Dino Risi in virtù di una corporatura robusta e dell’aspetto burbero (si pensi a La marcia su Roma in cui il Nostro interpreta il fascista Marcacci e ne I mostri in cui interpreta il manager di pugilato), raggiungendo infine il successo proprio con Verdone (si pensi a Bianco, rosso e Verdone o Borotalco, in cui il noto attore recita in alcuni ruoli tipici del romano “sdoganando” frasi che sono diventate celebri…), apparteneva a quella generazione di attori che, in qualche modo, risentivano dell’influenza della dura periferia provata dalla seconda guerra mondiale o di quel remoto mondo contadino portato alla luce da studiosi come Ernesto De Martino con le sue spedizioni nel Mezzogiorno, dove la fatica era dettata dalle stesse esigenze della terra; dove la vita si conquistava ogni giorno e il bene non sempre trionfava. Attori VERI, che hanno lasciato un segno tangibile rimasto nell’immaginario collettivo. Le battute e i meme di Mario Brega oggi spopolano sui social. Ma anche prima dell’era social era stato ripreso e citato da comici, fumettisti e cantanti: come nel celebre pezzo “Supercafone” del rapper romano Piotta del 1999 e in Cali di tensione (del 1995) di Frankie hi-nrg mc.
Il 25 marzo 2023, in occasione del centenario della sua nascita, Roma Capitale ha deciso di celebrarlo con una targa commemorativa posta in via Oderisi da Gubbio, nel quartiere Marconi, dove ha vissuto per oltre trent’anni.
[1] (Cinema, l’attacco di Carlo Verdone: «Che tristezza, sale ridotte a latrine, ormai Roma è una città turistico-culinaria» | Corriere.itroma.corriere.it),
[2] Wim Wenders, parlando di Paris Texas (1984), uno dei suoi film più celebri, Palma d’oro a Cannes del 1984, lo definì «Un atto d’amore per il paese che ha colonizzato il nostro inconscio» (Morandini).