L’unica fermata per l’omicidio è Giada Crescenzi che viveva con la vittima
FREGENE – Il rapporto tra Stefania Camboni e la nuora Giada Crescenzi, attualmente indagata per omicidio volontario, si era incrinato da oltre un anno. È quanto emerge da un’inchiesta condotta da Repubblica, che ha raccolto la testimonianza di un’amica stretta della vittima, offrendo uno spaccato delle profonde tensioni familiari che avevano travolto la vita della 58enne di Fregene.
Secondo l’amica, che ha preferito restare anonima, tutto sarebbe iniziato quando Francesco, figlio di Stefania, aveva lasciato la casa materna per iniziare una relazione con Giada Crescenzi, 31 anni, collega all’aeroporto di Fiumicino. “Stefania non si fidava di lei. Ricordo che mi disse chiaramente che temeva volesse portarle via il figlio“, ha raccontato la donna, descrivendo una Stefania sempre più fragile e sola.
Dopo la perdita del marito nel 2020, Stefania stava cercando di ricostruire la propria vita, aveva iniziato una nuova relazione e provava a riprendersi. Tuttavia, la rottura con il figlio e le continue tensioni con la nuora l’avevano trascinata in una depressione profonda. “Soffriva molto. Era convinta che la compagna del figlio raccontasse bugie proprio per impedire una riconciliazione tra loro”, ha aggiunto l’amica.
Un elemento chiave nelle indagini è il contenuto del cellulare di Giada Crescenzi, attualmente sotto sequestro. Stando a quanto riportato da Repubblica, sul dispositivo sarebbero state trovate ricerche online inquietanti: da informazioni su sonniferi e metodi per indurre un sonno profondo, fino a domande esplicite come “Come togliere il sangue dal materasso” e “Come avvelenare una persona”.
Gli inquirenti ritengono che questi dettagli possano avere un peso determinante nella ricostruzione dell’accaduto.
Ulteriori conferme arrivano dalla scena del crimine: sul materasso della vittima è stata individuata una vasta macchia di sangue, nascosta da un copriletto.