SANTA MARINELLA – Il sindaco di Santa Marinella, Pietro Tidei, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di diffamazione aggravata ai danni del giornalista Cristiano Adolfo Degni. Lo ha disposto la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia, a conclusione delle indagini preliminari condotte dalla dott.ssa Marina Mannu.
Secondo quanto riportato nel decreto di citazione a giudizio, firmato il 26 febbraio scorso e depositato in cancelleria, i fatti risalgono al 5 febbraio 2024, durante una seduta del consiglio comunale di Santa Marinella, quando Tidei – rivolgendosi al pubblico presente – avrebbe pronunciato una serie di affermazioni lesive della reputazione del giornalista, riferendosi a lui con il solo nome “Cristiano” ma rendendolo identificabile attraverso il riferimento a una querela pendente e alla sua attività professionale.
Tra le espressioni contestate, il primo cittadino avrebbe affermato:
“Era un giudizio così negativo e così sprezzante che alla fine questo mi ha querelato… dopo di che in questo fascicolone ci sono molte, molte intercettazioni di questo Cristiano… il quale era uno della banda, cioè uno di quelli che probabilmente lavorava alle intercettazioni con un consigliere comunale per metterlo in quel posto a Tidei…”.
Secondo l’accusa, le parole pronunciate pubblicamente dal sindaco nel corso dell’assemblea – e dunque in presenza di più persone – avrebbero avuto un carattere offensivo e diffamatorio, aggravato dall’utilizzo del mezzo della pubblicità, trattandosi di una seduta pubblica e trasmessa anche alla cittadinanza.
La persona offesa, Cristiano Degni, è un noto giornalista locale e risulta essere stato querelante in un procedimento penale già noto alla stampa. Degni è assistito dall’avvocato Marco Eller Vainicher del foro di Milano.
Il procedimento si aprirà il prossimo 12 dicembre 2025, davanti al Tribunale di Civitavecchia. Tidei, difeso dall’avvocato Lorenzo Mereu, potrà eventualmente accedere a riti alternativi o richiedere misure come il patteggiamento o la messa alla prova.
La vicenda rischia di riaccendere il dibattito politico locale sull’uso della parola pubblica e sul rispetto della libertà di stampa, in un contesto in cui – da tempo – i rapporti tra amministrazione comunale e media sembrano particolarmente tesi.