Da dieci anni, la famiglia Vannini è segnata da un dolore umano e giudiziario. Ma secondo la madre di Marco, Marina Conte, alcuni media hanno favorito chi ha commesso il delitto, trasformando il dolore in uno spazio mediatico privo di contraddittorio
LADISPOLI – Nel cuore della notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, a Ladispoli (Roma), il ventenne Marco Vannini è stato ucciso da un colpo di pistola esploso dall’arma di Antonio Ciontoli, padre della sua fidanzata.
La morte è stata il tragico esito di mancata assistenza medica, omissioni e una serie di bugie. Ciontoli è stato condannato a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale. Sua moglie, Maria Pezzillo, e i figli, Martina e Federico, hanno ricevuto condanne a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario.
Intervistata in apertura del podcast Un altro pianeta condotto da Hoara Borselli, la signora Marina Conte ha sollevato un’accusa gravissima: dopo la condanna di Ciontoli padre, alcuni esponenti del giornalismo televisivo hanno dato voce all’assassino, senza offrire alla famiglia Vannini la possibilità di replica.
I protagonisti citati
- Franca Leosini (nota per le sue trasmissioni in carcere) e Roberta Petrelluzzi (Un giorno in Pretura): secondo la madre di Marco, hanno dedicato interviste e approfondimenti a Ciontoli e ai suoi familiari, senza un minimo contraddittorio con chi subiva il dolore più profondo.
- Selvaggia Lucarelli: ospite su Facebook e altri canali con interviste a Federico Ciontoli e lo stesso Antonio, la Lucarelli – pur sottolineando di non voler attaccare la famiglia Vannini – ha finito per dare spazio a chi secondo Marina Conte si autodefiniva “vittima del padre”, mentre lei – la madre – veniva criticata per “apparire troppo in televisione”. «Non mi divertivo», ha precisato la signora Conte, ribadendo come il suo unico obiettivo fosse giustizia per Marco.
La rabbia di una madre e il dovere dell’informazione
Marina Conte accusa: «Non mi è stata data la parola, non mi hanno chiesto di partecipare. Hanno intervistato loro, si sono permessi di parlare al posto mio e mi hanno tolto il diritto al contraddittorio».
La critica si estende anche agli atteggiamenti dei media generalisti, che hanno spesso favorito un ritratto pietoso dei Ciontoli, anziché sottolineare le loro responsabilità e omissioni. A dieci anni dal delitto, è legittimo domandarsi: qual è il limite tra informazione e spettacolo?
Perché questo serve ancora parlarne
- Ricerca di equilibrio: ogni caso penale, per quanto famoso, non deve trasformarsi in talk show mediatica.
- Rispetto per le vittime: il dolore dei familiari non può diventare un ‘accessorio’ della narrazione.
- Valore del contraddittorio: garantire voce a entrambe le parti è elemento fondante del giornalismo corretto.
Marina Conte lancia un monito chiaro: non basta aprire microfoni e trasmissioni. Serve uno sguardo critico, rispettoso, consapevole. Vent’anni fa era diversa la tv; oggi, nell’era social e dell’immediatezza, la responsabilità è ancora maggiore. Un’informazione sbilanciata rischia di inghiottire verità, fragilità e tragedie. È tempo di tornare al cuore del mestiere: raccontare i fatti, ascoltare tutte le voci… senza abbassarne il tono.
Nota finale: molti passaggi e citazioni sono tratti dall’episodio di Un altro pianeta con Marina Conte come ospite. Per ascoltare l’intervista integrale e scoprirne altri dettagli, vi invitiamo a cercare la puntata disponibile nei principali podcast player o su YouTube.