Referendum, il “campo largo” si restringe sul quorum

Si è parlato molto (ma neanche tantissimo) in queste settimane del referendum proposto da Cgil e csx sul lavoro e sulla cittadinanza, nonostante le materie in discussione fossero relative in massima parte alle politiche renziane di più di un decennio fa.

L’impressione era già in partenza che i temi laburisti fossero innanzitutto un’occasione per pd e cosiddetto “campo largo” di provare a dare una prima, robusta spallata al governo della Meloni.

Ma il quorum che doveva raggiungere e superare il 50% si è fermato al 30% offrendo il quadro di un csx del campo largo (pd verdi e 5 stelle) che si restringe invece di allargare la sua base elettorale ( a Viterbo affluenza ferma al 26, 5).

E si può comprendere come dinanzi a simili risultati così poco incoraggianti per il nuovo centrosinistra il cdx abbia gridato alla vittoria, accusando il fronte progressista, come da dichiarazione dell’onorevole Battistoni di Forza Italia, di avere usato il referendum “per contarsi” tra i vari partiti della coalizione.

Un’osservazione critica, ma del tutto consona ad un franco dibattito  tra maggioranza e opposizione che addirittura all’interno del campo largo qualcuno ha apostrofato come “da regime”.

Solo che resta da stabilire se sia più “di regime” trasformare con retorica eloquenza le sconfitte in vittorie o ragionare con un minimo di comprensibile e salutare vis polemica sui passi falsi dell’avversario politico.

Referendum nettamente fallito e chi  voleva assegnargli significati politici di riscossa, a leggere le percentuali oggettivamente,  dovrebbe fare innanzitutto ammenda e cominciare a prepararsi per il prossimo agone elettorale, unica rivincita possibile su cui può puntare.