CIVITAVECCHIA – In un’Italia stanca di ambiguità, favoritismi e opacità amministrativa, arriva da Civitavecchia un caso che grida vendetta contro ogni principio di etica pubblica. Il protagonista? Il sindaco Marco Piendibene, che secondo un esposto firmato dal tecnico Silvio Dionisi – e indirizzato alla Procura della Repubblica, all’Autorità Nazionale Anticorruzione e alla Prefettura di Roma – si trova al centro di un potenziale conflitto di interessi esplosivo.
Secondo i documenti, Piendibene risulterebbe proprietario, assieme alla sorella, di due particelle catastali e di un immobile (già adibito a deposito e potenzialmente fuori norma urbanistica), situati proprio all’interno del perimetro del nuovo Psse – il Piano di sviluppo strategico ed economico recentemente approvato dal Consiglio comunale. Un piano ambizioso sulla carta, che promette “sviluppo, vivibilità e attrattività economica”, ma che in pratica apre la porta a un sospetto inaccettabile: il sindaco potrebbe trarre un beneficio personale diretto da un provvedimento approvato sotto la sua regia politica.
Le cifre parlano da sole: i terreni agricoli in questione, grazie al cambio di destinazione d’uso a industriale, vedrebbero il loro valore schizzare da 2-3 euro al metro quadro fino a 100 euro al metro quadro. Un incremento del valore fino a trentatré volte che non può essere archiviato con la giustificazione superficiale che si tratti “solo di un documento di indirizzo”, come ha provato a liquidare lo stesso Piendibene.
Ma non è solo la sostanza a essere scandalosa: anche la forma è inaccettabile. Le proprietà in questione non compaiono nella dichiarazione patrimoniale del sindaco, violando apertamente i principi di trasparenza cui è tenuto ogni amministratore pubblico. Né risultano essere state comunicate durante la fase istruttoria del piano, né tantomeno al momento del voto in Consiglio comunale. In poche parole: Piendibene ha votato su un atto che coinvolge beni di sua proprietà senza dirlo a nessuno.
Il sindaco aveva un’occasione per dimostrare integrità e senso delle istituzioni: bastava un gesto semplice e doveroso, come abbandonare temporaneamente l’aula. Non l’ha fatto. Ha preferito restare al suo posto, esponendosi (e con lui, l’intera amministrazione) all’ombra del sospetto. Il fatto che il Psse non sia una variante urbanistica non basta a scagionarlo. Il piano orienta chiaramente le future scelte strategiche della città e ha ricadute dirette sul valore delle aree interessate. In termini politici e morali, il conflitto c’è, ed è evidente.
La vera domanda ora è: Civitavecchia può permettersi un sindaco che partecipa attivamente a votazioni da cui potrebbe trarre profitto personale? È accettabile che, mentre si chiede fiducia ai cittadini, si nascondano interessi privati dietro la maschera dell’interesse pubblico?
Il caso è ora nelle mani della magistratura e degli organi di controllo. Ma il giudizio politico e morale è già scritto: questa vicenda è un insulto alla trasparenza amministrativa e un danno gravissimo alla credibilità delle istituzioni locali.
I cittadini meritano risposte. E il minimo che il sindaco Piendibene dovrebbe fare è rimuoversi dall’incarico fino a quando tutte le ombre non saranno chiarite. Se non altro, per restituire un briciolo di decoro a una politica locale sempre più soffocata da silenzi, reticenze e interessi privati.