Civitavecchia – Piendibene, sulle proprietà non dichiarate l’integrazione è comunque tardiva

L’opposizione: «Venga in Consiglio Comunale a chiarire tutta la vicenda»

CIVITAVECCHIA – La vicenda legata al presunto conflitto d’interessi del sindaco Marco Piendibene sull’approvazione del PSSE (Piano Strategico di Sviluppo Economico) si arricchisce di nuovi sviluppi, trasformandosi da questione amministrativa a potenziale caso politico e giudiziario.

Tutto è partito dall’esposto presentato dal tecnico civitavecchiese Silvio Dionisi. In seguito, il Prefetto di Roma è intervenuto chiedendo al segretario generale del Comune — in qualità di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza — un riscontro puntuale sulla situazione patrimoniale del sindaco.

Dopo la richiesta ufficiale, il 17 giugno 2025 il primo cittadino ha pubblicato un’integrazione alla propria dichiarazione dei beni, caricandola sulla sezione “Amministrazione Trasparente” del sito istituzionale. Tuttavia, la modalità della pubblicazione ha sollevato più di un interrogativo: il documento è privo di data, numero di protocollo e nota esplicativa.

Si tratta di un semplice file PDF, che per la prima volta inserisce quote di proprietà su due particelle catastali e su un immobile-deposito riconducibile al Consorzio Autotrasportatori, per un totale di circa 28.000 metri quadrati. Sono esattamente le proprietà menzionate nell’esposto di Dionisi, situate all’interno dell’area interessata dal PSSE.

Con questa integrazione, avvenuta solo dopo la sollecitazione del Prefetto, il sindaco certifica di fatto che tali beni non erano stati dichiarati in precedenza nella sezione patrimoniale prevista per i titolari di cariche pubbliche, come se il possesso fosse recente. Ma i dati fiscali raccontano un’altra storia.

Dalla dichiarazione dei redditi 2024 (per l’anno d’imposta 2023) emerge infatti che Piendibene aveva già inserito queste proprietà nelle comunicazioni fiscali, pagandoci regolarmente l’IMU. Un dettaglio che conferma non solo la titolarità preesistente, ma anche la piena consapevolezza del possesso di quei beni.

A questo punto la questione si complica: perché tali proprietà sono state escluse dalla dichiarazione pubblica sulla trasparenza e inserite solo dopo l’intervento delle autorità? Secondo esperti di diritto amministrativo, la discrepanza tra quanto dichiarato al fisco e quanto pubblicato nella sezione trasparenza potrebbe configurare un’ipotesi di dichiarazione mendace ai sensi dell’art. 76 del DPR 445/2000. Se accertata, la violazione andrebbe ben oltre il piano amministrativo, configurando un possibile reato penale per falsità ideologica in atto pubblico.

Non si è fatta attendere la reazione dell’opposizione. In una nota congiunta, i consiglieri Massimiliano Grasso, Paolo Poletti, Giancarlo Frascarelli, Luca Grossi, Simona Galizia, Antonio Giammusso, Mirko Mecozzi e Nora Costantini chiedono che il sindaco riferisca immediatamente in Consiglio Comunale.

«Riteniamo — scrivono — che una questione così delicata e rilevante debba essere affrontata in Consiglio e non restare confinata al dibattito giornalistico. È doveroso che il sindaco chiarisca quanto prima, fugando ogni dubbio sulla correttezza della propria condotta e sugli atti amministrativi approvati.»

Ora si attende la risposta formale che il segretario generale del Comune dovrà inviare al Prefetto e le eventuali determinazioni di Palazzo Valentini, dell’ANAC e della Procura della Repubblica. Nel frattempo, sui social si moltiplicano le reazioni: tra chi difende la buona fede del sindaco e chi, invece, attende spiegazioni concrete e non meri correttivi a posteriori.