Ieri in audizione alla Commissione Trasporti della Camera dei Deputati non una parola sull’economia del mare ma solo riferimenti ai 400 milioni di opere già appaltate a terra
CIVITAVECCHIA – Mentre il porto di Civitavecchia, con i suoi 4 milioni di passeggeri annui e una rilevanza strategica nella logistica del Mediterraneo, attende una guida solida e competente, il Governo Meloni, per mano del ministro Salvini e con l’avallo del presidente della Regione Lazio Rocca, punta tutto su Raffaele Latrofa, un ingegnere idraulico e politico di lungo corso, ma privo – nei fatti – di una reale esperienza diretta nel settore marittimo, dello shipping, del ro-ro o delle crociere.
Durante l’audizione di ieri alla IX Commissione della Camera, l’ingegner Latrofa ha tentato di rivendicare la propria candidatura alla presidenza dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale, parlando a lungo della sua carriera politica e della sua esperienza nella gestione di appalti pubblici, citando come fiore all’occhiello la ristrutturazione dello stadio di Pisa. Ma di portualità vera, zero: nessun accenno al traffico commerciale, alle dinamiche dello shipping, ai traffici delle rinfuse, alle esigenze del comparto crocieristico, alla movimentazione merci, alla logistica internazionale.
Un porto non è un cantiere edile. Non si governa con il solo bilancino degli appalti né con la logica della messa in sicurezza o della rendicontazione tecnica. Un porto è un sistema vivo, connesso ai mercati globali, alle compagnie armatoriali, alle multinazionali della logistica, alla pianificazione integrata del territorio e dei flussi intermodali. In questo, Latrofa ha dimostrato tutti i suoi limiti, affidandosi a formule vaghe e a una retorica da assessore ai lavori pubblici, lontana anni luce dalle reali necessità di un’autorità portuale moderna.
Certo, ha parlato di “leadership dal basso” e di “governance inclusiva”, ma queste parole risuonano vuote se non accompagnate da una conoscenza approfondita del settore marittimo. Ancor più preoccupante è la sua totale assenza di riferimenti alle politiche portuali europee, agli equilibri internazionali della logistica, ai problemi reali che armatori, operatori e lavoratori del settore si trovano ad affrontare ogni giorno.
L’impressione emersa dall’audizione – ed è un’impressione condivisa anche da numerosi addetti ai lavori, sindacati, forze politiche trasversali e operatori del comparto – è quella di una nomina puramente politica, in cui il merito specifico lascia il posto all’appartenenza e alla fedeltà. In un momento storico in cui Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta avrebbero bisogno di una figura di livello internazionale, dotata di una visione strategica sul mare e sul futuro della portualità, il Governo sceglie un tecnico “di terra”, la cui massima esperienza in ambito portuale è rappresentata da un progetto a Viareggio.
Il punto non è disconoscere le capacità dell’ingegnere Latrofa come professionista o amministratore locale, ma chiedere con forza al Governo una scelta all’altezza del ruolo.
I porti non sono uffici tecnici per appaltare opere: sono snodi geopolitici, nodi di sviluppo economico, presidi occupazionali, e motori della transizione ecologica e digitale. Affidarli a chi non ha mai lavorato concretamente in questo mondo è un errore politico grave che rischia di mettere in crisi un intero sistema.
Domani la Commissione voterà. È l’ultima occasione per dimostrare che l’Italia crede ancora nella competenza e nella visione, e non solo nell’appartenenza e nei favori di partito.
Un porto guarda all’orizzonte, non al marciapiede.