La Regione Lazio dice stop ai medici “a gettone” Cisl: “Servono interventi decisi”

Gli operatori a chiamata, oltre mille in tutta la regione, dal 31 luglio non sono più ammessi nelle aziende sanitarie

ROMA – “Senza un intervento deciso, la sanità pubblica continuerà a perdere pezzi. E saranno, come sempre, i cittadini soprattutto quelli delle periferie a pagarne il prezzo più alto“. Lo afferma Lucilla Boschero, segretaria della Cisl medici Lazio, all’indomani della decisione della Regione Lazio di dire basta ai “gettonisti” e contrastare la carenza di medici e dirigenti sanitari nelle ASL attraverso l’indizione di nuovi concorsi pubblici.

Sosteniamo la Regione Lazio in questa scelta, ma al tempo stesso dobbiamo constatare con preoccupazione che, nonostante i bandi, interi repartisoprattutto nelle aree perifericherestano vuoti. I medici, semplicemente, non partecipano più ai concorsi“.

Il motivo? “Il Servizio Sanitario Nazionale ha perso attrattività – aggiunge Boschero – I professionisti fuggono all’estero – dove trovano migliori retribuzioni e tutele legali – oppure migrano verso il privato o altri enti, lasciando sguarnita la sanità pubblica, in particolare nei territori più fragili”.

A proposito di tutele legali, è bene ricordare che la responsabilità per colpa grave è prevista solo in Italia e in Polonia.

Una situazione che si è affrontata, finora, attraverso l’uso massiccio di medici a gettone o con Contratti libero professionali (CLP). “Colleghi pagati a turno, con compensi nettamente superiori a quelli dei dipendenti strutturati, e senza gli stessi vincoli, doveri o responsabilità – dice ancora la segretaria – È inaccettabile che due medici che lavorano nello stesso reparto abbiano condizioni economiche e contrattuali profondamente diverse. Mentre i dipendenti affrontano carichi pesanti, turni gravosi e responsabilità continue, i medici a gettone sono pagati per ‘coprire il turno’, spesso senza reale presa in carico del paziente. Un sistema che purtroppo è sfuggito di mano“.

Cosa fare? “Non si può continuare a vivere alla giornata in attesa che “qualcosa cambi”, mentre la sanità pubblica si regge su soluzioni temporanee e diseguali. Occorre agire con urgenza: rivedere le regole di ingaggio, assicurando che siano uguali per tutti e cioè stesso lavoro, stessi diritti e doveri”.

La proposta? “Ridistribuire parte delle risorse spese per i gettonisti sul personale strutturato, valorizzandolo economicamente e professionalmente. Ripensare radicalmente l’organizzazione sanitaria, a partire dalle aree periferiche, dove l’assenza di medici è diventata emergenza strutturale. Servono misure forti, coraggiose e strutturali per ridare dignità e stabilità alla professione medica nel Servizio sanitario nazionale”.