VITERBO – La notizia che ha scosso Viterbo negli ultimi giorni, con il rischio di un attentato durante la festa di Santa Rosa e gli arresti legati a un gruppo di cittadini turchi di etnia curda, si arricchisce di un nuovo capitolo che merita di essere raccontato con calma e spirito critico.
Dopo il clamore iniziale, il blitz in un bed and breakfast di Montefiascone e la notizia di cinque nuovi arresti, questa mattina è arrivata la svolta: la Procura di Viterbo ha disposto il rilascio di tutti e cinque i fermati.
Le accuse a loro carico non erano sufficienti per confermare il fermo e, in assenza di riscontri concreti, è stato deciso di non procedere oltre. È un epilogo che ridimensiona l’impatto immediato di quella retata, anche se resta alta l’attenzione delle forze dell’ordine su eventuali collegamenti con la criminalità organizzata turca o con traffici illeciti di armi.
In questo scenario complesso, però, spicca con forza un elemento umano e professionale che non può passare inosservato.
La figura della commissaria capo della Digos di Viterbo, Flaminia Donnini, si è rivelata centrale.
Trenta anni appena, e già capace di guidare uomini e operazioni delicate con una lucidità che lascia il segno. È stata lei a prendere decisioni rapide, a coordinare i movimenti, a entrare con coraggio in un alloggio dove le armi erano pronte all’uso, bloccando due uomini sospettati di voler colpire nel cuore della festa cittadina. Una scena che in altre epoche avremmo immaginato con protagonisti diversi, ma che oggi racconta invece un’Italia in cui le donne al comando sanno farsi rispettare e seguire, non per formalità, ma per competenza e autorevolezza guadagnata sul campo.
Gli uomini del suo reparto non solo hanno eseguito gli ordini, ma lo hanno fatto con rinnovato spirito di squadra, consapevoli di essere guidati da chi sa leggere la situazione e assumersi responsabilità.
È un fatto che restituisce lustro alla Polizia di Stato, un corpo spesso sotto pressione, chiamato a fronteggiare scenari mutevoli, tra criminalità organizzata, flussi internazionali e possibili minacce terroristiche. Viterbo, in questi giorni, ha visto affiorare paure antiche e nuove ombre, ma ha anche avuto la conferma che sul territorio ci sono donne e uomini pronti a difenderla, capaci di trasformare la paura in azione concreta e organizzata.
Il rilascio dei cinque fermati di Montefiascone riduce l’eco delle prime ore e ci ricorda quanto le indagini siano complesse e quanto il confine tra sospetto e prova sia sottile. Ma non ridimensiona l’impatto simbolico di questa vicenda, né la straordinaria prova di coraggio e di professionalità dimostrata da chi ha scelto di servire lo Stato in prima linea. Ed è forse proprio in questa immagine, quella di una giovane donna al comando, che Viterbo e l’Italia trovano oggi un motivo di orgoglio e una ragione per credere che anche nei momenti più delicati ci sia chi sa agire come si deve.
Rimangono in carcere i due cittadini turchi ma di etnia curda arrestati il 3 settembre, Baris Kaya 22 anni di Eminler, in Anatolia, e Ydyiz Agdogan 34 anni di Beypazari, distretto di Ankara, con l’accusa di traffico di armi. Non hanno risposto alle domande del pubblico ministero Massimiliano Siddi, avvalendosi della facoltà di non rispondere, e si trovano ora nel carcere di Viterbo assistiti per il momento dall’avvocato d’ufficio Remigio Sicilia.