Quando i batteri scrivono la storia: la sorprendente origine del moonmilk nelle tombe etrusche di Monterozzi
TARQUINIA – Se vi capita di entrare nelle antiche tombe etrusche di Tarquinia, patrimonio UNESCO, noterete subito un dettaglio: un sottile strato bianco che ricopre pareti e soffitti.
Sembra quasi un velo di latte rappreso, un effetto che da secoli accompagna questi ipogei suggestivi. Gli archeologi lo chiamano moonmilk, “latte di luna”. Ma da dove viene questa sostanza così particolare?
Per molto tempo si è pensato che fosse solo un deposito minerale, frutto di processi chimici legati all’acqua e alla roccia. Oggi, invece, sappiamo che la verità è molto più sorprendente: a produrlo sono delle comunità invisibili di microrganismi che vivono all’interno delle pietre stesse.
Una scoperta mondiale partita da Tarquinia
Un team di ricercatori dell’Università Sapienza di Roma e del CNR ha condotto uno studio pionieristico nella necropoli di Monterozzi. Analizzando dodici tombe scavate nella roccia, hanno dimostrato per la prima volta che il moonmilk nasce grazie ai batteri che colonizzano pori e fratture delle pareti. Non solo sulla superficie, ma persino dentro le rocce: un fenomeno mai osservato prima in contesti archeologici e speleologici.
I batteri “scultori” di pietra
Il meccanismo è affascinante. Alcuni batteri, nutrendosi e svolgendo le loro normali attività, modificano l’ambiente in cui vivono al punto da far precipitare minuscoli cristalli di carbonato di calcio. Immaginate miliardi di microscopici scultori al lavoro, che con pazienza infinita, secolo dopo secolo, costruiscono questa patina bianca che vediamo oggi.
Al microscopio, i ricercatori hanno osservato strutture incredibili: fibre sottilissime di calcite che sembrano nascere direttamente dai batteri, quasi a inglobarli in una scultura minerale.
Un ecosistema nascosto nelle rocce
Le rocce stesse giocano un ruolo fondamentale. Quelle di Tarquinia, molto ricche di calcio e caratterizzate da una porosità elevata, offrono ai microrganismi lo spazio e i nutrienti per svilupparsi. È come se le pareti delle tombe non fossero semplici blocchi inerti, ma vere e proprie case viventi per comunità invisibili.
Dall’archeologia all’astrobiologia
Questa scoperta non riguarda solo il passato etrusco. Il moonmilk è oggi considerato una firma della vita, una prova tangibile dell’attività biologica. Se lo troviamo qui sulla Terra, potrebbe diventare un indizio prezioso anche per la ricerca di forme di vita su altri pianeti. Non a caso, gli scienziati parlano di astrobiologia: studiare come microrganismi e minerali coesistono e si influenzano può aiutarci a capire dove cercare vita nell’universo.
Batteri custodi del patrimonio
C’è poi un altro aspetto importante: la conservazione delle tombe. Spesso i microrganismi sono visti come nemici dei monumenti, responsabili del deterioramento. In questo caso, però, svolgono un ruolo “costruttivo”, contribuendo alla formazione del materiale che riveste le pareti. Conoscere questi processi potrà aiutare a sviluppare strategie di tutela più intelligenti e rispettose degli equilibri naturali.
Un velo di vita che racconta storie antiche
Il moonmilk delle tombe di Tarquinia non è solo un fenomeno geologico. È la testimonianza silenziosa di una collaborazione millenaria tra rocce e microrganismi, un dialogo invisibile che ci parla di passato remoto e, allo stesso tempo, di futuro spaziale.
Forse la prossima volta che entreremo in una tomba etrusca e vedremo quel bianco misterioso, potremo immaginare i minuscoli batteri all’opera, custodi discreti della storia e, chissà, forse anche indizi di vita oltre il nostro pianeta.