Appello social da parte degli operatori socio sanitari
Civitavecchia – Erano stati assunti nel marzo 2020, in piena emergenza sanitaria, per fronteggiare l’ondata devastante del COVID-19. Da allora gli Operatori Socio Sanitari (OSS) in servizio presso l’Ospedale San Paolo di Civitavecchia, struttura dell’ASL Roma 4, hanno garantito assistenza nei reparti più critici, dalla Medicina COVID al pronto soccorso dedicato ai pazienti infetti. Oggi, dopo oltre cinque anni di lavoro, si trovano di fronte a un epilogo amaro: il 31 ottobre 2025 verranno licenziati, perché l’appalto che li riguarda non sarà rinnovato.
In un appello pubblico, gli operatori raccontano la loro esperienza e denunciano quella che definiscono una vera e propria ingiustizia. Ricordano i turni massacranti affrontati durante la pandemia, fino a tredici ore consecutive, spesso con dispositivi di protezione insufficienti. “Avevamo una sola tuta anticovid e una sola FFP2 per tutto il turno – spiegano – costretti a rimanere nel percorso sporco senza possibilità di uscirne. Alcuni colleghi indossavano pannoloni, perché non era previsto un cambio che permettesse di accedere ai servizi igienici”. Il tutto con contratti formalmente da due ore giornaliere, pari a 48 ore mensili, a fronte di un impegno reale che superava regolarmente le 150 ore, come dimostrano le loro buste paga.
Dopo anni di servizio, la doccia fredda. A fine ottobre i contratti scadranno e al loro posto entreranno i vincitori del concorso bandito dall’Università Tor Vergata. Anche gli OSS di Civitavecchia hanno partecipato alla selezione, ottenendo l’idoneità, ma senza alcun riconoscimento del lavoro svolto durante l’emergenza. “Abbiamo fronteggiato una pandemia globale, mettendo a rischio quotidianamente la nostra salute e le nostre vite. Eppure questa esperienza non è stata valorizzata, né in fase concorsuale né oggi. È accettabile che dopo anni di servizio essenziale veniamo semplicemente scaricati?”, si chiedono.
La loro preoccupazione non riguarda soltanto il futuro personale. Gli operatori avvertono che la decisione potrebbe avere ripercussioni dirette sulla qualità dell’assistenza. “La sanità pubblica ha bisogno di personale esperto e preparato: perdere decine di OSS che conoscono già le dinamiche dell’ospedale significa indebolire il sistema, non rafforzarlo”. Per questo chiedono alla Regione Lazio e alla direzione sanitaria di avviare un confronto, valutando una proroga dei contratti o una stabilizzazione del personale. “Siamo pronti a fornire documentazione ufficiale – buste paga, turni, contratti – che attesti la nostra storia lavorativa. Chiediamo solo che venga riconosciuto il nostro impegno”.