La crisi economica sta colpendo da più fronti, sindacati e Unindustria sottolineano come non sia più possibile rimandare l’arrivo della misura
VITERBO – La provincia di Viterbo si trova davanti a un bivio decisivo per il futuro della sua economia: senza l’attivazione della Zona Economica Speciale (Zes) e delle Zone Logistiche Semplificate (Zls), il rischio è di rimanere indietro rispetto alle regioni limitrofe, con gravi conseguenze per imprese, occupazione e crescita.
A lanciare l’allarme sono più voci del territorio. La Cisl di Viterbo sottolinea come settori chiave dell’agroalimentare siano già in difficoltà: la corilicoltura, ad esempio, ha registrato perdite fino al 70% nel 2025 a causa della cimice asiatica e dei cambiamenti climatici, compromettendo quantità e qualità del raccolto. “È urgente un piano straordinario per la difesa fitosanitaria e il sostegno alle imprese – afferma Elisa Durantini, segretaria della Cisl –. La Zes rappresenta uno strumento fondamentale per attrarre investimenti, potenziare infrastrutture e creare lavoro stabile e qualificato”.
Anche il comparto industriale lancia segnali di preoccupazione. Andrea Belli, presidente di Unindustria Viterbo, ricorda che la provincia rischia di perdere competitività rispetto ai territori già inclusi nelle Zes del Mezzogiorno. “Il sistema delle imprese del Lazio non può più aspettare – sottolinea Belli –. Le Zes e le Zls non sono misure straordinarie, ma strumenti indispensabili per sostenere le aziende, semplificare le procedure e attrarre investimenti, anche di grandi dimensioni”.
Secondo Unindustria, ogni ritardo nell’approvazione rischia di compromettere il tessuto produttivo regionale. Belli invita a convocare immediatamente un tavolo di lavoro dedicato alla Zes del Lazio, con la partecipazione qualificata di imprese, istituzioni e associazioni di categoria, per allineare la provincia di Viterbo agli standard di altre aree già favorite da agevolazioni fiscali e semplificazioni burocratiche.
Il quadro del territorio è complesso: oltre alla corilicoltura in crisi, la Tuscia deve fare i conti con infrastrutture carenti, aumento dei costi energetici e carenza di manodopera qualificata. Settori come olivicoltura e castanicoltura mostrano segnali positivi, ma la loro tenuta dipende da interventi strutturali e da una valorizzazione mirata dei marchi locali. La fuga dei giovani e lo spopolamento delle aree interne aggravano ulteriormente la situazione.
“La Zes è uno strumento di equità e sviluppo – ribadisce Durantini –. Permette di rilanciare l’economia, sostenere le filiere produttive e garantire opportunità occupazionali per le nuove generazioni. Viterbo e il Lazio non possono più restare indietro rispetto a regioni che già beneficiano di questi strumenti”.
Le richieste di Cisl e Unindustria convergono su un punto: per garantire un futuro sostenibile a imprese, lavoratori e territori, è necessario che le istituzioni centrali e regionali agiscano con rapidità, estendendo le Zes al Lazio e dando seguito a quanto già programmato dalla Regione. Solo così la Tuscia potrà tornare a essere competitiva, attrattiva e capace di offrire lavoro e sviluppo di qualità.