Frosinone – Omicidio Serena Mollicone, un quarto di secolo alla ricerca del colpevole

Al via al processo d’appello bis. La sorella della vittima, “non ci arrenderemo mai”

FROSINONE – Dopo quasi 25 anni l’omicidio di Serena Mollicone, la ragazza di Arce trovata priva di vita nel giugno del 2001 in un boschetto del centro del Frusinate, non ha ancora un colpevole.
Oggi è iniziato il processo d’appello bis a carico dell’ex comandante della caserma dei carabinieri, Franco Mottola, della moglie Anna Maria e del figlio Marco, accusati di concorso in omicidio dopo l’annullamento della sentenza di assoluzione da parte della Cassazione.
L’ascolto di oltre 50 testimoni, tra cui i consulenti, e una nuova perizia sul buco della porta della caserma dei carabinieri di Arce. E’ quanto chiede la Procura Generale di Roma. Davanti alla Corte d’Assise, il rappresentante dell’accusa ha detto che l’obiettivo è provare che “Serena sia entrata in caserma quel giorno senza più uscirne e che ha sbattuto con la testa contro una porta della stazione dell’Arma” e accertare “eventuali depistaggi attuati da Franco Mottola”.
Il pg ha quindi chiesto di ascoltare il luogotenente Gabriele Tersigni sulle parole che Santino Tuzzi, il supertestimone – poi suicida – che affermò di avere visto entrare Mollicone nella caserma. Una rivelazione poi in parte ritrattata da Tuzzi. Il luogotenente, Gabriele Tersigni, non è mai stato sentito prima ed è considerato un “teste chiave”.
A proposito del supertestimone Tuzzi, che dopo le sue dichiarazioni si è suicidato, la figlia, Maria Tuzzi, ha dichiarato: “La figura di mio padre è centrale, è importante in questo processo, tanto è vero che è stato richiesto più volte dagli avvocati l’accostamento di altri testimoni che vanno a confermare quello che ha detto mio padre. Quindi l’inattendibilità di mio padre, che l’altra parte vuole far credere, potrebbe non essere valida”. Il brigadiere aveva dichiarato di aver visto la giovane di Arce entrare in caserma.

“Io sono nella lista dei testimoni – ha aggiunto Maria Tuzzi – potrei essere ascoltata su una telefonata fatta da mia nonna da casa nostra in caserma. Probabilmente a quella telefonata mio padre ha risposto e così si cristallizza la sua presenza in caserma“.
L’accusa sollecita anche una nuova perizia su quanto riscontrato all’interno della Caserma in relazione al pugno di Franco Mottola che lui sostenne di avere datato “di piatto” alla porta durante una lite con il figlio Marco. Tutto ciò in relazione alla compatibilità con il buco della porta della caserma dei carabinieri della locale stazione.
“Tutti questi anni sono stati pesanti, soprattutto dopo la scomparsa di mio padre, ma noi non ci arrendiamo perché papà così ha sempre detto: ‘cercate la verità’“. E’ quanto ha affermato Consuelo, la sorella di Serena Mollicone, lasciando la corte d’Appello di Roma.

“Non è una questione di eredità, ma di giustizia – ha aggiunto –. Bisogna cercare la giustizia. Ci saranno altre udienze, noi speriamo che si arrivi finalmente a un punto di verità, di certezze. Stiamo aspettando la giustizia per Serena, aspettiamo solo questo”.
L’avvocato Francesco Maria Germani, difensore della famiglia Mottola, ha dichiarato “Noi siamo forti della nostra certezza, la completa innocenza dei Mottola. La giustizia in Italia è lenta, ma arriva e per i Mottola è già arrivata due volte con nostra soddisfazione”.
I giudici si sono riservati di decidere per la prossima udienza fissata al 19 novembre annunciando, inoltre, che la sentenza potrebbe arrivare in primavera.