Viterbo – Maurizio Castelli è “L’uomo che para con tre gomiti”: la seconda vita del portiere senza una mano

VITERBO – È fra i pali che Maurizio Castelli ha trovato la sua seconda vita.

Trentatré anni, portiere nei campionati laziali dal 2021 e oggi allenatore dei giovani numero uno dell’Orvietana, Maurizio gioca e insegna calcio con una particolarità che lo rende unico: difende la porta senza una mano.

Che scelga la protesi o il guanto sul gomito a seconda delle occasioni, la sua determinazione non cambia: si tuffa su ogni pallone per agguantarlo, farlo suo e non lasciarlo più.

Cresciuto nel mito di Angelo Peruzzi, il portiere che ha segnato la sua infanzia sportiva, Maurizio non ha mai smesso di inseguire la sua passione. Nemmeno quando la vita, dieci anni fa, lo ha messo davanti alla prova più difficile. A 23 anni, dopo un incidente stradale causato da un guidatore ubriaco, si è risvegliato dal coma senza l’avambraccio sinistro. La scelta dell’amputazione, dolorosa ma necessaria, è stata sua. Eppure, anziché arrendersi, ha deciso che quello sarebbe stato un nuovo inizio.

“Disabilità? Se consideriamo il significato letterale vuol dire difficoltà, e nella vita chi non ne ha? Quindi siamo tutti un po’ disabili”, dice oggi con un sorriso. È così che ama presentarsi: senza vittimismo, senza retorica, ma con una limpida consapevolezza. E con un mantra che ripete a se stesso e ai ragazzi che allena: “Se vuoi, puoi. E se puoi, devi”.

Subito dopo l’incidente Maurizio pensava che non avrebbe più difeso una porta. Invece si è avvicinato al calcio amputati, vestendo le maglie della Roma e della Nazionale. Poi la voglia di crescere ancora: la carriera da allenatore, il patentino di primo livello ottenuto un anno fa, e una nuova prospettiva per aiutare altri giovani a non mollare mai.

In teoria potrebbe giocare anche nei campionati Figc, ma senza protesi. È stato tesserato da una società del Viterbese in Promozione, dove ha partecipato ad amichevoli e allenamenti, senza però collezionare minuti ufficiali. “E chi ti fa parare con un braccio solo?”, scherza lui. “Eppure avevo dimostrato di cavarmela bene”. Oggi, tolte le sfide a calciotto con gli amici, si dedica quasi esclusivamente alla panchina e ai suoi ragazzi.

Ad Orvieto, però, Maurizio era già un volto noto. È da due anni che si vede agli impianti sotto la Rupe. Il primo a credere in lui era stato Giulio Di Antonio, allenatore dei portieri della prima squadra: “Lo incontrai a un campus portieri nel Lazio. Mi emozionò subito, mi innamorai della sua forza di volontà e volli farlo conoscere ai nostri ragazzi. Quando ha deciso di intraprendere la carriera da allenatore, sono stato felice. Oggi sta facendo un grandissimo lavoro”.

E poi c’è quella frase, nata dalla spontaneità di un bambino: “L’uomo che para con tre gomiti”. Un soprannome che Maurizio porta con orgoglio, perché racchiude la semplicità e la profondità del suo percorso.