Milanista sfegatato. Simpatico. Scorbutico. Una vita passata davanti alla brace per cuocere di tutto ma la sue specialità erano il galletto e i fegatelli
MONTEFIASCONE – I montefiasconesi stanno piangendo Paolo Morincasa detto “Paolino“. Titolare del ristorante pizzeria “Miralago”.
Dalla sua terrazza si poteva ammirare la magnificenza del lago di Bolsena. Della Valle. Le isole. Pizza cotta a legna e cucina casareccia. La sua specialità però era la brace. Aiutato dal figlio Daniele sempre al suo fianco e la figlia Emanuela.
Si mangiava dell’ottima pizza e trovare un tavolo libero da lui l’estate era davvero un’impresa titanica. E’ un caduto sul lavoro. Quel lavoro che amava terribilmente come il Milan. Una vita trascorsa davanti al fuoco e in campagna tra i suoi vigneti. Il vino. Quell’altro vanto di “Paolino”.
Non era uno qualsiasi dentro quel ristorante. Lui era un vero trattore. Una trattoria di antica memoria. Fatta da una persona semplice che ti faceva sentire a casa.
Scrivere oggi della sua morte non è facile. Che personaggio. Un baffetto tattico che nascondeva un mondo di sacrifici e fatiche e quel tovagliolo sempre sulla spalla che lo aiutava ad asciugare il sudore davanti alla brace ardente. Quanto sudore è uscito dalla fronte di quest’uomo. Chi lo ha conosciuto bene ha frequentato anche quella cantina dove aveva le botti del suo prezioso nettare. Mettere “cannella” con lui o riempire una bottiglia era poesia. Una storia da raccontare. Una memoria da tramandare. Conosceva tutti e tutti conoscevano lui e la sua famiglia. Caduto sul lavoro e non poteva essere altrimenti. Montefiascone ha perso uno dei suoi più grandi personaggi. Andando indietro con la memoria possiamo ricordare soltanto Cesare Salviani (titolare del ristorante da Cesare alla Cavalla) quale trattore-oste-ristoratore così noto e rispettato. Cesare Salviani era sempre giacca e cravatta. Serviva piatti ai romani che venivano a Montefiascone. Politici e anche presidenti. Ha fatto grande Montefiascone così come Paolino ha fatto poi. Difficile sarà dimenticarlo. Difficile immaginare il dolore della comunità che lo ha visto protagonista. Un appuntamento col destino bestiale, terribile, cruento. Come faremo questa estate senza di lui?
Oggi quelle macerie sono diventate la stazione di una via crucis. Una preghiera. Un ricordo. Un sorriso ma anche tante, tantissime lacrime.