Montefiascone – Demolizioni non eseguite, adesso la dirigente Fumarola oltre la sanzione rischia la rimozione

Non far rispettare la legge su esecuzioni definitive ricadrà a carico del sindaco e della dirigente dell’urbanistica. Nuovo esposto contro l’ex sindaco Luciano Cimarello

MONTEFIASCONE – La vicenda legata alla demolizione dei capannoni abusivi dell’ex sindaco Luciano Cimarello (nella foto) va avanti da anni. La famiglia dell’ex sindaco che alleva galline ha realizzato capannoni totalmente abusivi così come accertato in tutti i gradi di giudizio dai tribunali civili ed amministrativi (quello penale è in corso di svolgimento) durante il corso degli anni.

Non solo quelle sentenze sono state ignorate e non c’è stata la demolizione dei capannoni abusivi ma addirittura ne sono stati realizzati dei nuovi con quello che l’opposizione ha definito “vere e proprie interpretazioni in materia urbanistica”.

Connivenze più o meno velate e scarsi controlli fanno sì che la legge, almeno a Montefiascone, funzioni solo se deve colpire alcuni soggetti piuttosto che altri.

Adesso sulla vicenda legata all’ex sindaco Cimarello si è aperto un nuovo fronte. Questa volta pesantissimo. Infatti, forti della sentenza del Consiglio di Stato n. 1077 del 2024 finalmente si è fatta luce di chi siano le responsabilità nel caso non vengano fatte rispettare le ordinanze di demolizione dei fabbricati abusivi.

sentenza-cds-02022024-1077

Un nuovo esposto sarà fatto nei confronti della prima cittadina Giulia De Santis e della dirigente Maria Grazia Fumarola (nella foto) che, di fatto, è la persona che non fa rispettare la legge e fa finta di niente umiliando le sentenze emesse dai giudici (lei che fa l’avvocato).

Vediamo cosa prevede il procedimento demolitorio degli abusi edilizi e le conseguenze dell’inottemperanza ad un ordine di demolizione emesso dal Comune.

Tra le ultime pronunce ricordiamo la sentenza n. 16 dell’11/10/2023   emessa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, le cui indicazioni sono integralmente contenute nel nuovo intervento di cui sopra.

Nel caso di specie, tra le contestazioni che riguardano un ordine di demolizione e il provvedimento di acquisizione a patrimonio comunale, vi è l’atto di irrogazione di una sanzione pecuniaria di 20.000 euro emessa ai sensi dell’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380/2001.

Ricordiamo che il citato comma 4-bis dispone:

“L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente”.

Tale disposizione è stata introdotta in forza del D.L. n. 133 del 12 settembre 2014, poi convertito dalla legge n. 164 del 12 novembre 2014. La stessa Adunanza del Consiglio di Stato ha confermato che la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.

In questo caso il Consiglio di Stato ha ritenuta fondata la contestazione della violazione del principio di retroattività, in quanto sulla base degli atti processuali è risultato che l’illecito, ossia l’abusiva realizzazione delle opere, sia stato posto in essere prima dell’entrata in vigore della suddetta norma.

In particolare, l’irrogazione della sanzione pecuniaria è stata disposta con una nota di marzo 2016, mentre l’abuso si è consumato ben prima, essendo stato accertato con l’ingiunzione di demolizione di maggio 2014.

Confermata, dunque, l’illegittima irrogazione sanzione come da principi di diritto enunciati dalla citata sentenza dell’Adunanza plenaria per la quale:

  • la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente illecito – avente anche rilevanza penale – commesso con la realizzazione delle opere abusive;
  • la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario – alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza;
  • l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva);
  • l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato;
  • la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.

In questa vicenda c’è poi una “questione morale”. Tale questione vede coinvolto da vicino il consigliere comunale di maggioranza Renato Trapè che nel caso della vicenda che ha visto coinvolto l’ex assessore Massimo Ceccarelli era prodigo di richieste di dimissioni nonché, insieme all’allora opposizione di affissioni di manifesti che richiamavano al rispetto della legalità.

Cosa che da quando siede tra i banchi della maggioranza ha completamente dimenticato.

Altra cosa molto particolare il mancato controllo da parte dei carabinieri forestali sulle ordinanze di demolizione non eseguite. Sarebbe interessante sapere se il maresciallo dei carabinieri forestali Marco Tilli abbia segnalato le gravi inadempienze alla magistratura come in genere ha fatto per tutti gli altri casi di abusivismo.